domenica 29 maggio 2011

Phoenix e il mito della Fenice


Ho una Fenice a prua della barca, bisognerà pur conoscerne il suo mito, non credete? Tra tutte le leggende però mi piace di più quella cinese, chiamata Tan Niao, la cavalcatura celeste degli Immortali.

Il simbolo Phoenix
Phoenix, dal latino Phoenix-ìcis. Il mito della Fenice può avere due modi differenti di comprensione. Stando alla prima interpretazione, Fenice è simbolo della ricerca o della conoscenza che supera ogni ostacolo. Ne farebbero fede le leggende di Fenice re dei Dolòpi, consigliere attento e riservato dell'eroe Achille ed esempio di virtù per l'armata greca nella piana di Troia. La seconda interpretazione, che fa capo al mito del leggendario uccello semidivino, l'Araba Fenice, è più complessa, in essa si intrecciano elementi della religione cristiana a cognizioni arabe in ambito astronomico.  

"E l'amore degli amanti
come l'araba fenice
che vi sia, ciascun lo dice;
dove sia, nessun lo sa
                    (Metastasio)

Stando alla mitologia classica greca, un primo Fenice sarebbe stato uno dei tanti figli di Agenore re di Tiro. Questi lo avrebbe inviato insieme agli altri fratelli alla ricerca, risultata vana, della loro sorella Europa rapita da Zeus in sembianze di toro che dopo innumerevoli peripezie, stanco di vagabondare e di cercare, si sarebbe fermato nei pressi della futura città di Sidone, nella Fenicia meridionale, territorio al quale dovette successivamente il nome. Un altro eroe greco con nome uguale sarebbe stato figlio di Amintore, re di Eleone, città della Beozia. Per motivi d'acredine tra genitori, Fenice sarebbe stato fatto accecare dal padre, ma soccorso da un servo fedele fu da lui consegnato al centauro Chitone che, grazie agli infusi di erbe, ne avrebbe guarito la cecità. In altri racconti, a condurlo dal centauro sarebbe stato il padre dell'eroe Achille, Peleo. A guarigione avvenuta, Peleo avrebbe fatto di Fenice l'aio del figlio, erigendolo anche a sovrano del popolo dei Dolopi. Stando ad Omero, Fenice sarebbe poi partito con il suo indomito allievo per la guerra di Troia, facendo parte dell'ambasceria dei guerrieri Mirmidoni presso re Agamennone ed avrebbe preso parte come cantore, e come giudice delle corse dei carri, ai giochi funebri in onore della la morte di Patroclo. Al ritorno dei Greci da Troia, avrebbe seguito l'eroe Neottolemo per via terra, ma sarebbe morto ormai vecchio durante il viaggio nei pressi del torrente Karas. In questi racconti la figura di Fenice fu prospettata come quella di un persona solare e saggia, conoscitrice profonda delle cose nascoste della terra e del cielo, ma soprattutto dell'animo degli uomini. Fu, come s'è detto, un esempio di filosofo, di maitre a pénser per dirla alla francese, modello di vita per comandanti insigni e per semplici soldati, cui la cultura classica greca tanto fu affezionata.

Achille cura Patroclo, allievi di Fenice
Già menzionata dal poeta Esiodo, l'Araba Fenice fu descritta compiutamente da Erodoto, storiografo di Alicarnasso vissuto nel quinto secolo ante Cristo. Egli scrisse nelle “Storie” che la Fenice fosse un uccello originario dell'Etiopia. Il suo piumaggio sarebbe stato colorato variamente ed il suo aspetto simile a quello di una grossa aquila. Avrebbe potuto vivere fino a cinquecento anni, ma per altri autori fino 1461 e perfino quasi tredicimila anni. Il mito di Fenice riguardò principalmente la fisiologia: essendo esemplare unico della sua specie, non avrebbe potuto riprodursi come gli altri animali, ed una volta morta sarebbe sempre rinata: quando la Fenice avrebbe avuto il sentore di morte, sarebbe volata in un luogo segreto dell'Arabia (da qui l'appellativo “araba”) e, dopo essersi raccolta in un nido fatto di ramoscelli d'incenso, si sarebbe lasciata morire. Erodoto sostenne che dopo la morte si sarebbe sviluppato un fuoco inspiegabile, dal quale il leggendario uccello sarebbe sorto più vigoroso di prima. Tale mitica particolarità presso i cristiani delle origini, e per tutto il Medioevo, portò alla valutazione della Fenice quale simbolo di resurrezione e di rinascita ciclica ed a volte fu identificata con la figura dello stesso Cristo. Autori posteriori ad Erodoto sostennero che la Fenice, dopo la resurrezione dal fuoco sarebbe volata fino alla città egizia di Eliopoli portando la sua vecchia carcassa ai sacerdoti del dio Sole. Poi sarebbe tornata in Etiopia, dove sarebbe vissuta cibandosi di perle d'incenso fino alla fine dei suoi giorni. Il ciclo sarebbe poi nuovamente continuato con la morte, con l‘incendio del corpo e con una nuova rinascita. 
La Fenice nel bestiario medioevale, simbolo della Resurrezione Cristiana (Giovanni, 10-18)
Fenice fu una figura conosciuta anche il altre civiltà, nell'antico Egitto, Fenice fu chiamata Bennu ed associata la ciclo quotidiano del sole ed al ciclo annuale delle piene del Nilo. Forse anche per questo motivo si sarebbe verificata l'associazione del suo mito con quelli della rigenerazione e della vita. Presso la cultura religiosa egizia, evocava anche il fuoco e la luce della vita oltremondana. Fu spesso raffigurata sulla prora delle barche sacre funebri che veleggiavano verso l'immenso oceano della luminosità di un'altra dimensione di esistenza, dell'anima universale di Osiride che creava in continuazione se stessa fino alla fine dei tempi. 

Barchetta sacra egizia al MAEC di Cortona con la Fenice rappresentata a prua
Anche nella cultura cinese è presente la figura mitologica di questo uccello. Ebbe nome di Tan Niao, ovvero “uccello di cinabro”, dal colore rosso fuoco con cui sarebbero state colorate le piume.Secondo i Cinesi sarebbe stato l'uccello del fuoco e dell'estate impregnata della canicola del sole, e la cavalcatura celeste degli immortali. Creatura indifferenziata sessualmente, Tan Niao sarebbe stata androgina, sia maschio che femmina: nel suo aspetto maschile sarebbe stata emblema della felicità, in quello femminile simbolo delle regine in contrapposizione al drago degli imperatori. Le fenici chiamate Hisiao Chi e Lung Yu (quest'ultimo è un nome femminile abbastanza comune tra le popolazioni odierne del territorio di Canton e beneaugurate di felicità coniugale) avrebbero condotto sulle ali le anime degli sposi virtuosi nel Paradiso degli Immortali.

La Fenice cinese, conduce gli sposi virtuosi nel Paradiso degli Immortali
Secondo la cultura araba sufi, e precisamente secondo il filosofo Moahm Al Jili, Fenice fu il simbolo di tutto ciò che trae esistenza unicamente da se stesso. Sarebbe ciò che sfugge dai pensieri e dall'intelligenza. Così come l'idea di Fenice potrebbe essere compresa solamente attraverso il nome che la identifica, così la natura di Iddio Allah potrebbe essere colta solo mediante la meditazione sul suo nome e sulla sue ineffabili qualità. 

Testo tratto da:  Astercenter , “Eternità, miti ed eroi classici”, di Jean Colin - Edizioni Mondadori - 1958



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