giovedì 20 giugno 2013

Da quel tender di tipo "Mewa" a divagazioni sulla società e la sua evoluzione

Mewa 2, dal sito iv70.narod.ru
Stupendo questo piccolo tender smontabile e gonfiabile prodotto negli anni '70 in Polonia per il mercato russo, indubbiamente materiale per collezionisti poiché credo che difficilmente si trovi nel mercato dell'usato. Di queste "Derive smontali, piccoli gioielli persi nella storia della nautica"  ne avevo già parlato agli inizi di gennaio, argomento che a malincuore è andato nell'oblio, forse dimenticato tra le decine di post che via via mi viene da proporre. Eppure per me quello delle derive smontabili, in questo caso anche gonfiabile, rimane un tema di grande interesse sia dal punto di vista estetico e tecnologico che di quello della nautica e della società più in generale.
Su quest'ultimo argomento bisogna fare attenzione a non generalizzare poiché è certamente più complesso di quanto non si possa pensare.
Nell'articolo "Швертбот типа "Mewa" (quel tender di tipo "Mewa") si legge che a quei tempi in Russia tutti gli yacht erano di proprietà dello stato e le uniche barche che potevano appartenere ai cittadini sovietici erano quelle di questo tipo che, peraltro, per loro erano abbastanza costose. Se si raffronta questa dichiarazione con ciò che succedeva qui da noi e in Europa diciamo che la nautica della vela si andava sviluppando, oltre che con le derive, con i Corsaire, i Piviere e poi successivamente con i Comet e così via. Ma questo per quanto riguarda la vela che è sempre stato un passatempo per una classe un po' più agiata perché l'italiano medio, compresa la mia famiglia, acquistava soprattutto i gommoni a motore, e da allora il grande successo che questo tipo di imbarcazione a sempre avuto in tutto il mondo fino ad oggi.
Va aggiunto che se in Unione Sovietica la grande imbarcazione rimaneva appannaggio solo per la nomenclatura della classe politica dirigente in Italia lo era per i ricchi. La differenza sostanziale tra i due contesti sociali  sembrerebbe che stesse nel fatto che da loro il benessere si acquisiva attraverso l'appartenenza all'apparato di uno stato totalitario contrariamente a quanto succedeva in occidente che si acquisiva attraverso il libero mercato e la democrazia. Certo la nostra democrazia ci ha lasciato spazi più ampi ma noi avevamo condizioni di partenza ben più avvantaggiate, non eravamo un popolo che era stato sottomesso per secoli dagli zar.
Questa differenziazione è quella che abbiamo acquisita come vera fin da sempre, fin da bambini, ascoltando i discorsi dei nostri genitori e forgiando la nostra cultura nei libri di testo e nella letteratura occidentale.
Riprendendo in modo superficiale discorsi già fatti mi sto rendendo conto invece che i punti di contatto tra il totalitarismo russo di allora e il capitalismo totalitario di oggi sono sempre di più e le certezze si affievoliscono.
Il filosofo statunitense Benjamin Tucker, tra i più importanti anarco-individualisti del XIX secolo, asseriva che il capitalismo è la negazione del libero mercato perché il capitalismo è basato su privilegi statalisti.
Tucker, in un analisi estremamente interessante della società, sosteneva che le povere condizioni dei lavoratori derivassero da quattro monopoli, ossia lo Stato monopolista o "monopolifero" illegittimamente che stabilisce tutti i privilegi monopolistici, li concede alle aziende sfruttatrici, e li difende con l'uso illegittimo della forza: 
  1. Il monopolio di emissione della moneta 
  2. Il monopolio dei terreni 
  3. Le tariffe, cioè gli alti prezzi, anche internazionali, imposti dagli Stati 
  4. I brevetti sulle invenzioni 
Per esempio, con l'imposizione di prezzi alti relativamente agli stipendi, lo Stato induce le aziende a sfruttare tutti i consumatori. Così il protezionismo esprime lo sfruttamento. Lo Stato però induce lo sfruttamento dei consumatori soprattutto attraverso il complesso e più potente sistema bancario: la Banca Centrale ha il suddetto monopolio di emissione, ed esige un tasso di interesse dalle banche ordinarie, le banche esigono più alti interessi dalle aziende (manifatturiere, servizi e distribuzione al dettaglio), le quali, per coprire almeno i costi del sistema finanziario, devono ottenere ancora più alti tassi di redditività, e ciascuna azienda ricarica i prezzi all'altra, e tutte sfruttano i consumatori. L'uso dell'unità monetaria monopolistica è assicurato dall'esazione di tasse in moneta monopolistica in ogni scambio.
Tucker conclude che, secondo lui, solo un libero mercato del prezzo di costo generalizzato può dare equità senza forzature.
E qui io personalmente vedo un limite insuperabile alla sua teoria poiché questa è una vera e propria utopia. Oggi il mercato libero, secondo me, si sorregge sul "valore di mercato" ed è su questo che stanno fallendo tutte le politiche promosse dalla sinistra democratica bersaniana di oggi, nonché dai conservatori per interessi opposti
Chi è che stabilisce il valore di mercato? Chi lo controlla? Esempio tipico ed oramai alla portata di tutti è il fatidico "spread", credo un indicatore che indirettamente stabilisce il valore di mercato del nostro debito, e qui si ritorna alla brillante analisi di Tucker che vi ho messo in neretto.
Qual'è la soluzione? Bé intanto leggetevi il bell'articolo "Швертбот типа "Mewa" (quel tender di tipo "Mewa") e tutte le sue sottosezioni, molto belle ed interessanti dal punto di vista tecnico e storico. Intanto spero di avervi fatto riflettere un po', e dopo averci rimuginato vedremo come fare ad affrontare il "valore di mercato", certamente l'aspetto su cui la sinistra europea ha fallito e il capitalismo totalitario ha basato la sua forza.

Nel Mare di Azov nel 1980


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