mercoledì 14 maggio 2014

La corsa dell'Optimist, di Marcin Siwek

Dal sito di Marcin Siwek
Questo racconto risalente al 2007 di Marcin Siwek, maldestramente tradotto ed interpretato da me medesimo, ci fa un dettagliato resoconto della sua battaglia per la liberalizzazione delle regole di navigazione a vela in Polonia conducendo una navigazione in tre tappe da Gdynia fino all'Isola di Bornholm nel Mar Baltico, 160 miglia nautiche a bordo di un Optimist. La traduzione, sicuramente incompleta manca soprattutto delle considerazioni finali che ho preferito non interpretare per la difficoltà nella comprensione delle idee. 
L'intento dell'autore comunque risulta chiaro e l'avventura decisamente straordinaria.
Mi duole osservare quanto queste imprese qui da noi passino nell'indifferenza totale, sovrastate dal mercato degli yacht, dalle regate "memorabili" di pseudo velisti dell'anno che navigano su barche che non hanno nulla di eroico o avventuroso, lasciando a se stesso il mondo degli appassionati e degli amanti della nautica vera.
Più si va avanti in questo mondo, più mi rendo conto che abbiamo intrapreso una rotta sbagliata, invito tutti a ricominciare da capo, forse a tornare indietro e cambiare direzione.
Dobbiamo sognare!


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La piccola corsa dell'Optimist. La mia liberalizzazione della navigazione per l'abolizione dell'obbligo di registrazione degli yacht nelle acque interne e del loro possesso fino a 15 metri di lunghezza. 

Con la mia barca, ket lugrowy, lunga 2,30 m, larga 1,13 m, con una superficie velica totale non superiore a 5 metri quadrati e pescaggio da 7 a 70 cm, ho deciso di intraprendere un viaggio in solitario. Il design d'oltreoceano della barca, che risale al dopoguerra (1947), non è mai stato così popolare e disponibile in Europa come oggi. In sostanza è un Optimist prodotto in serie in Polonia, con vele da regata normali, alcune rigenerate, che ho equipaggiato con tutta l'attrezzatura necessaria per la spedizione.
Ho deciso di salpare per la Danimarca in una crociera a tappe.

I Tappa: Ho lasciato il porto di Gdynia un venerdì di luglio alle 4.00 del mattino. Il mio tragitto è segnalato nel VTS e nel SAR, loro sono totalmente neutrali, non ho come me né alcol da contrabbandare in Svezia né sono un tipo sospetto, (….) né faccio neanche parte dello scudo di difesa antimissile. Rendendomi conto che, essendo completamente "invisibile" ai radar delle grandi navi, ho pensato bene che la mia posizione doveva essere segnalata. Grazie a questo tutti mi hanno evitato, probabilmente pensando che lo facevano a distanza di sicurezza. In realtà, è sicuro, 50 metri di distanza dal Stena Lines con i suoi 890 passeggeri a bordo non mi ha di certo lasciato del tutto indifferente.
I momenti più difficili sono stati quelli iniziali, potrei definirli un vero e proprio Kamasutra alla ricerca della posizione migliore in un pozzetto studiato per un bambino mentre ero sballottato dalle onde. Il vento soffiava da est lungo la penisola.
Durante il percorso ho incontrato molti yacht la cui presenza mi ha confortato. (…).
Verso le 22.00 avevo passato Wladyslawowo. Dopo la toilette serale e l'aggiustamento per la notte ho riposto le mappe nautiche e ho controllato l'illuminazione, ero poco lontano da terra, anche se la terraferma, di notte, sembra essere molto più vicina di quanto non lo sia realmente, inoltre mi sembrava in ogni momento di vedere qualcosa che non era segnato nella mappa, che sporgeva e veniva verso di me.
Passato velocemente Rozewie è iniziata l'interminabile danza della mia onnipresente lanterna Stilo, la cui potente luce accompagna il navigante per lungo tempo anche dopo che si è raggiunta la terraferma.
Alle 6.30 circa ho raggiunto Leba, chiedendo maniacalmente alle Autorità Portuali il permesso di entrare, permesso che mi è stato concesso. Alleluia! Dopo 26 ore di navigazione e 76 miglia percorse sono finalmente sceso a terra trascinando barca e attrezzature su di un prato, quindi me ne sono andato a farmi una doccia dal Comandante Sitkowski.
Questa è stata la tappa più lunga del mio viaggio, la prossima per Kolobrzeg sarà di circa 70 miglia, quindi il tratto per Bornholm di 50 miglia.

II Tappa: La seconda tappa del viaggio è iniziata da Leba, dove il Comandante Sitkowski mi aveva atteso, 55 kg di sogni alla conquista del Mar Baltico, di nuovo in partenza. (…) Grazie ai contatti radio con la SAR e tramite cellulare e rete fissa ho chiesto una benedizione agli amici finché non sono stato portato via di nuovo dal vento, amante della navigazione a vela in solitario.
Mi ero preparato per un'altra tappa molto lunga. Avevo con me tutto il necessario per trascorrere la notte sulla spiaggia, avevo cibo e acqua di scorta e mi ero procurato delle protezioni da snow-board per il bacino, le ginocchia e le gambe, nonché nuove mappe e batterie cariche.
Il vento era favorevole così ho iniziato a fare esperimenti chiedendomi quanto fosse resistente la mia piccola barca. Dopo la prima tappa avevo installato i paterazzi e sono rimasto basito quando durante la mia “euforica danza” ho constatato che il mio Optimist scivolava sulle onde ad una velocità di 9.5 nodi. Le onde, ricordate che le osservavo da un'altezza di 50 cm dall'acqua, erano gigantesche. 1.5 metri! Pochi? Ok, ma sono il 70% della lunghezza della barca e la cosa più difficile è stata quella di scorrere fuori dall'onda senza rimanere bloccati “nell'arco”. (….) Un po' come nell'equitazione, un gran divertimento, la reazione sul timone deve essere immediata, un errore potrebbe essere fatale. Da lontano ho potuto ammirare Dune Łącka, situata nel Parco Nazionale dello Slowinski. Mi sono trovato molte volte in cima alle sue dune in movimento, dalle quali c'è una meravigliosa vista sul mare che ho osservato malinconicamente. Forse là ora c'è qualcuno che mi osserva, istintivamente ho virato, ma no, non ha senso, e così per passare il tempo ho osservato le dune da lontano, sembravano piccole, eppure mi ricordo quanto è stato faticoso salirci sopra.
Dal momento che il “grande è sempre in agguato”, il piccolo deve essere più veloce e concentrato, non deve essere mai colto di sorpresa in ogni evenienza Personalmente ascolto sempre gli avvisi ai naviganti in polacco ed in inglese, e per quanto quest'utimo sia inglese-sloveno sembrava impossibile decifrare le indicazioni della stazione radio di Witowa. Mi dovevo affrettare poiché a causa della parata delle grandi navi a vela, “sailing the waters of the sailing capital of the world” mi sembrava di aver percepito un divieto di navigazione e di pesca dalle 5.00 del giorno dopo e...... basta un qualche disturbo agli strumenti per non avere più la certezza di ciò che deve essere fatto, ma non importa. Mi misi all'ascolto la Capitaneria di Trenches, ma non c'era nessun avviso. Cambiai stazione radio. Nulla. Chiamai la Sar. Nulla. Neanche sul Canale 16. Pensai tra me e me: ”c'è una tempesta geomagnetica, o cosa?” Nei successivi avvisi ai naviganti appresi che il porto di Trenches era chiuso per lavori di dragaggio all'ingresso. E se l'ascolto alla radio non dette frutti Nettuno invece mi favorì spingendomi verso Ustki.
Il sole stava volgendo al tramonto, proprio davanti a me, sembrava così vicino. Alla fine ho stabilito un contatto con la Capitaneria, avevo appreso che c'erano manovre militari in corso e gli chiesi se era possibile procedere per altre cinque miglia. La risposta fu breve e coincisa: “Non ammesso”. E ora? La risposta è stata chiara e c'è poco da scherzare. Mah, credo che guarderanno dove sparano, avranno delle sagome e non spareranno di certo ad una barca. Osservando bene avevano messo dei bersagli fatti con striscioni quadrati in rosso. Mi sono fermato, io ho una vela rossa, pressoché quadrata, che faccio, il tiro al bersaglio?
Non hanno torto ma io posso rispondergli che ho con me dodici colpi di razzo e 3 razzi paracadute. Per me sono sufficienti 10 minuti (….) alla fine ho ottenuto il permesso di entrare dalla Capitaneria di Ustki.
Nel SAR era presente la mia rotta, dopodiché ci siamo scambiati i convenevoli. Anche se era buio quando ho raggiunto il porto, il molo era pieno di gente, la mia luce raggiungeva appena i loro talloni e alcuni di quelli che mi hanno fotografato hanno ritratto anche i propri piedi. Poi ho trascorso un'ora e mezzo in giro prima di trovare un posto per la notte in uno dei porti più inospitali che abbia mai trovato. Benvenuto mi ha detto il Capitano Richard Podgorski, ho dormito meglio sul ponte della mia barca, tanto è il mio legame con essa.
La mattina è iniziata con un panino al latte, al grido dei gabbiani e con il rumore degli addetti ad una frettolosa pulizia delle strade. Con dispiacere non ho fatto un bagno, ma avevo solo voglia di navigare. Il mio amico Czesiowi Szmaglińskiemu con cui mi sono lamentato dei fatti accaduti il giorno prima mi ha detto che avrei dovuto essere contento che abbiamo un esercito e che se durante le manovre è fatto divieto di navigare non è altrettanto noto in che lingua bisogna parlare alla radio. Io ho pensato che conosco la lingua ma, beh, è un bene se abbiamo un esercito nel nostro Baltico. La prossima tappa sarà la traversata finale da Ustki fino a Bornholm. Non sarà molto lunga. Normalmente prima dicevo se Nettuno lo permetterà, …. oggi dico prego Nettuno che mi conceda i suoi favori, l'esercito il permesso, e le Capitanerie una mano per questo viaggio solitario.
Bisogna sognare!

III Tappa: Sto perdendo la mia fede. Viviamo in un sistema democratico? In Polonia ? Non permettere ciò poiché, dopo tutto, "siamo in buone mani." Io penso alla mia provocazione, io voglio la liberalizzazione delle regole, probabilmente sono un liberale, così ho organizzato il mio viaggio lungo le brezze del sud, forse per finire come un suicida solitario. Navigando in internet ho scoperto che c'è speranza in un accordo, non credo ai miei occhi. Chiamo Mirka Cuckoos, posso contare sulla sua protezione.
Controllo le previsioni del tempo ogni ora, alla fine mi decido, preparo tutto e lascio Varsavia. (….) Alle 21.00 del giorno dopo scendo in acqua, Mirek mi ha chiesto quali sono i punti deboli di questa spedizione, io gli ho risposto che sono solo due, “io e la mia barca”. (…)
Superate le formalità della frontiera e le cortesie di rito ottengo il permesso per partire via VHF dalla Capitaneria. A mezzanotte il vento si placa e tra l'1.00 e le 2.00 sparisce completamente, è l'ultima notte di settembre, domani sarà ottobre.
Sono completamente bloccato a poche miglia dal porto, forse avrei dovuto svolgere questa tappa a maggio o giugno, quando le giornate sono più lunghe e più calde. Non mi sarei immaginato che il mio viaggio si sarebbe concluso in ottobre, ero consapevole che il suo successo dipendeva in gran parte dalle condizioni meteo.
La navigazione notturna è favolosa, i suoni si amplificano e la vastità delle acque si fondono con l'immensità del cielo, tutto questo stimola la riflessione. Alle 2.00 il vento si alza, corro sempre più veloce e se come al solito osservo il sorgere del sole per questa volta non posso sperare in una tazza di caffé caldo. Un vento costante proveniente da Sud intorno ai 2°B mi sospinge a Nord ma le molte ore passate nella stessa posizione si cominciano a far sentire ed il corpo a cedere. Alle 16.00 vedo la sagoma di Bornholm illudendomi di essere già quasi arrivato.
Questa ondata di emozione si rivelerà fatale, la stanchezza mi aveva fatto prevedere solo un paio di ore di navigazione. Mi sono trovato più volte a sonnecchiare, il mio capo cadeva dolorosamente perdendo e riprendendo conoscenza, tutto cominciava a far male. La barca si muoveva a tratti, a volte si fermava. In lontananza cominciavano a delinearsi i contorni degli edifici, ma come in un film sono impossibili da toccare. La luce del sole si indebolisce nel corso della lenta navigazione, lasciandosi dietro una nuvola illuminata. Bornholm si è accesa con grappoli di luci, tra queste due luci rosse lampeggianti appaiono sul lato sinistro dell'ingresso al porto ma erano ancora molto lontane.
Fortunatamente, all'improvviso, il vento si è alzato ed ho intravisto la conclusione della mia tappa. Oramai non mi rendevo più conto del tempo trascorso, solo le luci del porto mantenevano accesa la speranza di raggiungere la terraferma. Sono arrivato in porto alle 21.00, nessuno è rimasto sorpreso nel vedermi arrivare, nessuno ha agitato una mano in segno di saluto, il porto era vuoto e silenzioso. Sono salito su di un terrapieno in cemento e ho sistemato il mio Optimist, mi ci sono voluti 50 minuti.
Ero soddisfatto di essere arrivato, ma anche un po' preoccupato perché era finita. Avevo avuto paura? Si, ne avevo avuta. (…) Ritornato a casa e rimessomi in sesto, la mattina dopo sono andato a lavorare.
Bisogna sognare!

Conclusione: Decine di domande e di dubbi alle quali cerchiamo risposte che suonano in modo diverso a seconda di chi sta chiedendo. Inoltre, le stesse domande sugli stessi argomenti possono apparire diverse a seconda di come vengono poste (….) il mio Optimist verrà venduto all'asta per il Concerto di natale a Danzica.
Ho sognato!


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