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domenica 14 gennaio 2024

REWIND: Convertitore velocità del vento

Quando il vento rinforza è buona pratica mettere i terzaroli

Beaufort: 
metri/sec: 
km/ora: 
nodi: 
miglia/ora: 
descrizione: 

Ne avevamo già parlato: Dalla scala del vento alle condizioni di navigazione ma mi sembrava carino riproporre questo programmino di calcolo.




martedì 9 gennaio 2024

REWIND: NED, l'istruttore di vela

NauticEd Simulatore

Come usare NED: muovete il mouse su ciascuno degli elementi di NED, e capirete da soli ciò che succede. NED è un vero e proprio istruttore di vela virtuale. NED vi insegnerà come impostare correttamente la randa e il fiocco. Quando le vele sono regolate bene allora la velocità della barca raggiungerà il suo massimo in funzione della velocità e direzione del vento. È possibile modificare la direzione della barca e la velocità del vento, lascare o cazzare le vele.
Una volta che avrete imparato ad utilizzare il NED sarete pronti per la navigazione in barca a vela. NED, è un'applicazione gratuita di NauticEd, una delle più avanzate strutture al mondo per l'educazione online nel mondo della vela.

Timone: la direzione della barca si modifica agendo sul tasto centrale in basso, digitando sulla mezzaluna destra la barca andrà a destra, sulla sinistra andrà a sinistra. Si noterà la barca raddrizzarsi appena rilasciato il tasto, questo perché il misuratore del vento reale è sempre quello centrale in alto ma si noterà cambiare l'angolo del vento che viene indicato dal puntatore rosso (freccia triangolare rossa). Tenendo premuto uno dei due pulsanti centrali la barca ruoterà a destra o a sinistra di 5 gradi al secondo.

Il timone
Regolazione delle vele: le vele si regolano agendo sui "winch" destro e sinistro posti ai lati del tasto centrale (timone). Agendo sui tasti destro e sinistro di ogni winch NED fornisce il numero di giri necessari per regolare le vele, da 12 a 45 per il fiocco, da 5 a 35 per la randa.

Il timone e i due winch
Velocità del vento: la velocità del vento si regola digitando sul puntatore rosso che ne indica la direzione. Una volta digitato sul triangolino rosso appare un cursore muovendo il quale si può determinare la velocità del vento, velocità che poi apparirà sull'indicatore centrale "true wind".

Regolazione velocità del vento
Cruscotto:  Secondo di come agiamo sul timone, i winch e come abbiamo impostato la velocità del vento variano i valori sul cruscotto.

Cruscotto
True wind (vento reale): indica la velocità del vento secondo come la abbiamo impostata.

Speed (velocità): velocità della barca secondo l'andatura, la regolazione delle vele e la velocità del vento.

Heel (angolo di sbandamento): in funzione della velocità del vento e dell'angolo di bolina varia l'angolo di sbandamento. Nell'andatura di bolina, maggiore è la velocità del vento, maggiore sarà l'angolo di sbandamento e a questo punto non c'è nulla che possiamo fare se non regolare le vele, cazzarle al massimo se c'è troppo vento, lascarle se ce n'è poco. Quest'ultima funzionalità è presente, e attivabile, nell'ultima versione di NED.

HDG (bussola): indica la direzione. Inizialmente avrete il vento a 60° sul vostro naso, come si usa in gergo.

Depth (profondità):  Indica una profondità immaginaria che non è possibile controllare. E' stato inserito a titolo di monito poiché è una variabile che va tenuta sempre sotto controllo.

Bar meter (indicatore d'efficacia): nella parte inferiore del NED c'è una barra orizzontale che indica l'efficienza della vostra regolazione. Se il contatore è completamente a sinistra vuol dire che c'è qualcosa da correggere, invece se è tutto a destra le vele sono perfettamente regolate e la  velocità della barca potrebbe essere aumentata.

Bar meter
Nota: se ho sbagliato qualcosa nella traduzione e nella interpretazione di questo interessante istruttore di vela online mi correggerete.


sabato 11 marzo 2023


mercoledì 21 settembre 2022


domenica 23 gennaio 2022


lunedì 1 marzo 2021

“Le Mirage du Sport” e il giallo della canoa smontabile dalle vele rosse

 

Detective n. 149 del 3 settembre 1931, dal sito criminocorpus
Sono diversi i post in cui ho riportato le avventure di coraggiosi navigatori che hanno effettuato imprese memorabili, anche di recente. Per esempio quando vi ho parlato del periplo della nostra penisola fatto con un piccolo gommone a vela, oppure delle traversate transoceaniche effettuate con canoe a vela smontabili come quelle di cui parleremo oggi, navigazioni andate più o meno bene. Altre invece sono finite in tragedia come nel caso della scomparsa dell'artista Bas Ian Ader nel suo "Ocean wave", ma solo per fare alcuni esempi perché i miei lettori più assidui forse le conoscono tutte queste storie.
Avventurarsi nelle sconfinate immensità di mari e oceani con poco più che "gusci di noce" e sperare di uscirne indenni da eroi è, secondo me, solo una questione di fortuna. 
In questo post si parlerà del tentativo di attraversamento del Canale di Corsica con un piccolissimo trimarano a vela smontabile della Klepper, tentativo finito in tragedia, e io so bene quanto questo mare possa essere pericoloso: un mio lontanissimo antenato procidano, Michele Arcangelo Guarracino, intorno al 1819, con una barca ben più grande, una tartana, vi scomparse assieme a tutto il resto dell'equipaggio nel corso di una tempesta.
L'ispirazione per la scrittura di questo articolo l'ho trovata nel blog intitolato dossierduepuntouno, ma io ho preferito tradurre integralmente l'articolo originale che parla della storia, tratto dall'archivio criminocorpus.
Con la mia esperienza nel Famigerato Circolo dell'Inchiostro a China ho acquisito una discreta conoscenza della lingua francese, in particolare nell'estete del lontano 1982 quando venni inviato ad indagare sulle infiltrazioni della mafia cinese nei Casinò. La banda venne sgominata nel Casinò di Beaulieu sur Mer, dove entrai fingendomi un giocatore come un altro. Mi ricordo che avevo una stella filante che mi cingeva la testa per farmi riconoscere da uno dei croupier che avevamo introdotto nel Casinò e quando cominciai a vincere sconsideratamente i cinesi si innervosirono e vennero smascherati facendosi mettere nel sacco come coglioni. C'è chi sospetta che l'attuale pandemia di Coronavirus sia stata introdotta in occidente dai cinesi per vendicarsi di quella storia, credo sia verosimile.
Coloro che mi ospitarono nel corso di quella breve operazione non ha mai saputo chi ero né quale fosse il vero scopo della mia presenza lì.
Bando alle ciance, passiamo ai nostri sventurati eroi.

La barca di cui si parla in questo post è più o meno questa, ma aveva anche gli stabilizzatori laterali, un piccolo motore e le vele di colore rosso. Immagine tratta dal sito faltbootbastlen

Dal nostro inviato speciale a La Spezia. 

Era di domenica sera, il 17 agosto 1931 per l'esattezza, quando una cabrio nera, targata 7987 RE, proveniente da Parigi, parcheggiò davanti all'hotel "Riva Bella", a Cap Martin, tra Mentone e Montecarlo. Dall'auto scesero un giovane atletico con una donna che sembrava un po' stanca. 
"Il capo mi conosce", disse l'uomo al portiere notturno. “siamo venuti l'anno scorso ... eravamo nella camera 22”. 
 La camera 22 era libera e gli venne nuovamente concessa, registrandosi come il Signor Alain Sabouraud, 26 anni, proveniente da Parigi e diretto in Corsica, accompagnato dalla signora Sabouraud, 28 anni. 
 “Il signore e la signora Sahouraud? Ma certo” commentò la mattina dopo il titolare del Riva Bella “sono clienti! Persone molto simpatiche!” Ricordava quel ragazzo alto, senza barba, ben piazzato con gli zigomi di un pugile e una giovane donna bionda con lo sguardo penetrante, non molto bella, ma elegante e discreta. 
 Li vedemmo di prima mattina, lei con un pigiama rosso; lui, vestito con pantaloni di tela e camicia spigata, scendere verso il mare, il mare vellutato di Cap Martin, su cui i grandi ombrelli dei pini e gli ulivi affacciavano le loro teste spettinate. A pranzo. Alain Sabouraud ci chiese se potevamo inviare il suo bagaglio in Corsica. La sera, mentre l'Ile de Beauté metteva in mostra tutto il suo splendore, fluttuando nella calda giornata di sole come in un miraggio, l'uomo ricordava al titolare dell'Hotel: “L'anno scorso siamo andati in canoa a Sanremo. Quest'anno faremo di meglio!” 
Il Martedì mattina si svegliarono alle 4 e 30 per andare a pesca e a mezzogiorno, senza aver pranzato, Sabouraud pagò il conto. All'improvviso gli era venuta fretta. Sul retro della decappottabile, il fattorino che portava i bagagli in macchina notò un involucro piuttosto grande. Era una canoa di tela gommata smontabile che Sabouraud avrebbe portato a Monaco. 
Nel pomeriggio, il pescatore Adolphe Verna, che verniciava una barca sulla banchina arsa dal sole del porto di Monaco, ricevette una visita curiosa: “Mi riconosci?”, chiese Alain Sabouraud. “Mi hai affittato una canoa l'anno scorso”. Verna si asciugò le mani. poi si alzò. Aveva la testa di un contadino delle Landes con le guance scavate, il mento pronunciato e gli occhi azzurri e candidi. Era un maestro d'ascia ed era così bravo, almeno così dicevano quelli che lo conoscevano, che avrebbe fatto galleggiare anche un blocco di pietra. “Vedo tante persone”, rispose. 
Due ore dopo, Verna, andò a controllare le sue reti e Sabouraud e la sua compagna andarono con lui. Dopo aver lasciato lasciato il porto Sabouraud, annunciò al pescatore: “Domani parto con mia moglie per la Corsica, a bordo di una canoa. Se riusciremo nell'impresa faremo un gran baccano”. “Non è sicuro”. Gli rispose Varna, “ci sono delle correnti molto forti che potrebbero portare alla deriva un natante così leggero”. Ma Sabouraud si strinse nelle spalle: “Siamo allenati, non si preoccupi!” ... Senza dubbio pensava a quelle grigie domeniche dove, attraverso i canali del Nord e dell'Ile de France, la sua canoa scivolava con la grazia di un cigno, tagliando un'acqua argentea e assonnata, sulla quale, in autunno, galleggiano foglie morte. 
Ritornarono a Monaco e Alain fissò un appuntamento con Verna per l'indomani mattina alle cinque. Poiché il marinaio aveva lasciato la chiave sulla porta del garage della sua barca, Alain e la sua compagna ebbero tutto il tempo per dotare la loro canoa di provviste e attrezzature di bordo. 
Fu da questo momento che la ruota del destino iniziò a girare più velocemente. Sabouraud andò alla stazione di polizia del porto per ottenere un permesso di navigazione con la sua canoa. 
“Ah! sei tu, Sabouraud”, gli disse il segretario del Signor Lôtelier, il comandante del porto. “Ho sentito in giro che vuoi tentare la traversata del canale di Corsica a bordo di un guscio di noce. Non può essere vero, giusto? In ogni caso, non contare su di me per facilitarti questa impresa ...” Sabouraud sorrise, poi insistette. Si profuse in elogi sulla sicurezza della sua barca nonostante l'apparenza fragile nonché a decantare le sue qualità di navigatore, la sua serietà e la sua tenacia. In verità voleva ottenere una prova documentaria ufficiale che comprovasse l'ora della sua partenza in vista del suo futuro successo sportivo. Ma, nonostante il colloquio fosse durato a lungo e avesse talvolta assunto toni vivaci, durante il quale Alain si rivelò un abile e appassionato difensore della propria causa, il funzionario non si lasciò intenerire. Accettò a malapena di inserire un visto di uscita nel taccuino di Sabouraud, annotando che i due navigatori stavano per lasciare il porto. 
Questa battuta d'arresto non rallentò le intenzioni del giovane neanche per un attimo. La sera provò nuovamente la sua canoa facendo il giro del Mariette Pasha, una nave ancorata di fronte al Casino d'Eté di Monte Carlo che era diventato il palazzo più in vista della Costa Azzurra. 
Il Mercoledì. il sole si era levato senza apoteosi. A ovest si stavano formando raffiche di vento. Tuttavia, lungo la costa, il mare era ancora bellissimo. Sulla banchina deserta del porto di Monaco, il pescatore Verna aveva provato, un'ultima volta, a far rinunciare Sabouraud al suo progetto. Ma lui è rimasto sordo a tutti i suoi consigli, egli aveva fiducia nella sua esperienza, nelle sue muse, nella sua stella. “Bah!" disse Verna, "non potrete rientrare ...” 
Imbarcarono. venti litri di acqua potabile. cibo in scatola, frutta, strumenti di bordo, in quantità sufficiente per resistere per quattro o cinque giorni. La giovane donna che indossava le scarpe con le suole in gomma scivolò mentre cercava di montare sulla canoa e si graffiò leggermente il mento. Verna notò anche che aveva una piccola cicatrice sulla guancia a causa di un incidente automobilistico avvenuto diversi anni prima. 
Senza essere minimamente preoccupata, la compagna di Sabouraud, allegra e spensierata, chiese anch'essa l'opinione del marinaio: “Che ne pensi? chiese al pescatore? "Che vi dovrete rifugiare nella baia de Garavan", gli rispose. 
Terminati i preparativi, i due emulatori di Alain Gerbault si sistemarono nella canoa. Lei davanti, lui dietro, con a portata di mano mano il timone e il joystick di un piccolo motore laterale. Verne li trainò con la sua barca a motore e quando raggiunsero Pointe-Vieille, si alzò una leggera brezza che fece arricciare l'onda. “Lasciaci!” gridò Sabouraud. Verne, un po' commosso, osservava gelido la barca che si allontanava in mare aperto, con i due fragili alberi dove le vele rosse non erano ancora state issate.

Detective n. 149 del 3 settembre 1931, dal sito criminocorpus
Passarono tre giorni ... 
Un amico di Alain Sabouraud, il signor Fermé, che era stato avvertito con un telegramma dallo stesso Alain della partenza via mare dei giovani per la Corsica, cominciando a temere un incidente, allertò il Ministero dell'Aeronautica e della Marina al fine di avvisare gli idrovolanti che operavano nella zona di partecipare alla ricerca della canoa. 
A Parigi, nel comunicare i suoi progetti alla famiglia, Sabouraud aveva specificato che la sua intenzione era quella di arrivare fino a Nizza, fare la traversata Nizza-Calvi su un traghetto della Compagnia Freyssinet, scaricare la sua canoa a Calvi, per poi navigare lungo la costa corsa. 
Il fratello di Alain, il signor Jacques Sahouraud, domenica mattina, ricevette una telefonata dal signor Fermé, che lo aveva avvisato, contrariamente a ciò che credeva la sua famiglia, che Alain aveva rischiato pericolosamente la traversata da Montecarlo alla Corsica con l'ausilio della sua sola canoa. 
Il signor Jacques Sabouraud non esitò un minuto. Prese il treno per Nizza da dove si diresse verso Monaco e poi a Genova, dove richiese un'indagine alla polizia italiana e francese. Purtroppo già da prima che la sinistra scoperta a Marina di Carrara venisse annunciata a La Spezia, la famiglia di Alain Sabouraud aveva cominciato a temere il peggio. 
Solo il Martedì 25 i quotidiani della Riviera cominciarono a riportare informazioni sulla scomparsa della canoa e dei suoi due occupanti: Alain Sebouraud e la sua sconosciuta compagna dal pigiama rosso. 
Nel frattempo Jacques Sabouraud venne avvertito dal Console di Genova della disgrazia che lo aveva colpito; contemporaneamente, il telegrafo italiano dette la notizia: il peschereccio La Vigilante che si trovava in mare, a cinque miglia al largo di Marina di Carrara, aveva avvistato un relitto rosso, scambiandolo a prima vista con una boa. Una volta avvicinatosi, notarono che si trattava di una piccola imbarcazione trascinata da quella corrente che, provenendo dal mare aperto, e passando davanti a Montecarlo, restituiva spesso relitti e cadaveri. Fu lì che furono ritrovati i corpi degli aviatori della Città di Roma e il corpo di Cecconi. 
Nella barca c'era un cadavere di donna, vestita solo con una sorta di camicetta da marinaio. La testa era infilata sotto la poppa. La gamba sinistra era semiaperta nel fondo e la gamba destra era appesa fuori dalla canoa. Un incredibile groviglio di funi avvolgeva il suo corpo. 
Ne seguì una corrispondenza straziante tra i giornali francesi e italiani, ma la polizia non si sbottonò prima di avere delle informazioni dettagliate: “Di che marca è la canoa? È di fabbricazione tedesca delle industrie Klepper, lunga 4 m. 60, larga 65 centimetri, con telai in legno chiaro che formano il ponte? Ci sono due vani, uno nella parte anteriore, l'altro nella parte posteriore? Quante vittime ci sono a bordo? “Una giovane donna sulla trentina, altezza 1 m. 55. Sottile. Capelli ossigenati. Anello in platino sull'anulare sinistro”. “Cosa avete trovato a bordo?” “Bussole, un giornale di bordo illeggibile, mappe della Corsica, una sciarpetta da uomo, una stufetta portatile, una borsa da donna contenente fotografie, un passaporto ... “Il passaporto della vittima?” . “Si legge male. L'acqua del mare ha strappato le pagine”. “Qualcosa?”... - È Mariette Cavanniez o Caravaniez, francese, 28 anni. vive a Parigi.” 
E da Parigi giunse subito questo annuncio: “E' Henriette-Irène Caravaniez. 28 anni, la prima modellista della maison Charlotte Révyl, impiegata presso la maison, la compagna di Alain Sabouraud, partiti assieme per Monaco il 15 agosto. 
E da questo momento in poi iniziarono ad essere noti i primi elementi del dramma, nonostante una comprensibile pausa di qualche giorno. 
“La crociera di Alain Sabouraud, anticipata come un audace romanzo d'avventura, si era conclusa con un enigma e raramente un mistero era risultato così drammatico”. 
Una serie sfortunata di prime osservazioni, fatte non appena il cadavere in avanzato stato di decomposizione era stato portato a terra, aveva influenzato i tanti curiosi presi dall'emozione del momento. 
Un praticante locale, il dottor Heracle Ellonore, ad alta voce, di fronte a questa folla incredula e attonita, aveva asserito che una piccola ferita nerastra, presente nel collo del cadavere poteva essere stata prodotta da una pistola. Le mille ipotesi che produssero le redazioni dei giornali italiani per le strade di Genova andarono dalla più romantica alla più improbabile. 
La canoa semidistrutta era stata trasportata da una squadra di volontari, senza nessuna delle abituali precauzioni ai fini dell'indagine, nel cortile della caserma dei carabinieri di La Spezia, dove rimase due o tre giorni abbandonata in bella vista, facilmente accessibile ad una folla di curiosi. 
Era in condizioni terribili. Solo lo scafo aveva resistito. I due galleggianti di poppa e di prua così come gli stabilizzatori pneumatici fissati sui lati della canoa grazie ai quali ne veniva assicurata la stabilità erano gonfi, il che aveva impedito il ribaltamento della barca. Ma la struttura in legno aveva parzialmente ceduto e lo scafo, senza rompersi, in alcuni punti aveva ceduto, come se fosse stato colpito da violenti urti contro rocce o frangenti. I due alberi erano rotti, le derive e le vele erano state strappate via dalla tempesta disseminandole nel ponte. Tutto indicava una lotta furiosa, una disperata resistenza della fragile canoa che veniva brutalmente sopraffatta dalla tempesta e si impennava fino alla morte per non essere sopraffatta. 
I commenti attentamente ponderati del professor Ugo Pardi e del giudice istruttore Sclafani furono perfettamente concordi. “L'autopsia del cadavere della signorina Caravaniez, contrariamente a quanto asserito dall'eminente praticante italiano, non ha rivelato nulla di anormale. Si è trattato di una morte naturale. Non parliamo di spari, per favore. La ferita esaminata, e che ad alcuni a prima vista è apparsa sospetta, era in realtà solo una ferita superficiale del collo che interessava solo la regione cutanea, e probabilmente prodotta da un urto durante il ribaltamento della canoa. E il giudice istruttore Sclafani confermò che il cadavere non era affatto legato al fondo della barca. Le funi cadute sulla vittima, durante la tempesta, avevano semplicemente lasciato l'impronta sul cadavere in piena decomposizione. Queste impronte avevano generato gonfiori che, ad un esame superficiale, avrebbero potuto far pensare ad una ferita d'arma da fuoco. 
D'altro canto, dopo che il compagno della donna era scomparso in mare, il che è probabile, è possibile che ella abbia tentato di cambiare posto per manovrare la canoa cercando di raggiungere la parte posteriore poiché era posizionata davanti. 
Le cause della morte della sfortunata donna mi sembrano facili da stabilire: "morte sopraggiunta successivamente ad una sincope prodotta dal terrore e aggravata dal digiuno.” 
Queste conclusioni, ovviamente, sono molto distanti dalle fantasiose supposizioni faticosamente costruite da “giornalisti” amanti dello scandalo. 
Ma, così com'è, il dramma è semplicemente terribile. 
Due giovani, con tutto il loro entusiasmo e tutto il loro ardore, rispondono con una sorta di entusiasmo eroico al richiamo del mare. E la tempesta infrange le loro speranze e travolge il loro destino. 
Miraggio, miraggio terribile e deludente dello sport, che a volte uccide il più virile, il più ardito, anche il più orgoglioso dei giovani di oggi ... 

F. DUPIN.

Detective n. 149 del 3 settembre 1931, dal sito criminocorpus

sabato 9 gennaio 2021

33isole, la grande avventura di Lucio

Lucio in navigazione sul Maribelle, dal sito 33isole

33isole, questa grande avventura di Lucio, non solo dal punto di vista nautico e della navigazione a vela con una piccola imbarcazione, ma anche umano, mi era passata inosservata, forse perché in questi ultimi due anni sono stato preso da altre occupazioni. Me ne dispiaccio perché l'idea e la realizzazione di Lucio sono state veramente fantastiche ed avvincenti.

Si è trattato di un percorso umano condotto lungo 2800 miglia nautiche in poco più di 4 mesi su Maribelle 615, per certi aspetti in grande molto simile alla mia WB, per condurre un'indagine sociale sul futuro delle piccole isole italiane con un itinerario che è andato da Ustica a Venezia completando tutto il periplo dell'Italia.

L'itinerario di Lucio, dal sito 33isole

Tutte le informazioni e i risultati ottenuti li potrete trovare sul sito di Lucio, completo di interviste, immagini e video. Insomma, complimenti Lucio! E mi raccomando, non mancate di ascoltare la sua MOTIVAZIONE.


martedì 20 ottobre 2020

Grabner SAILING ACADEMY


Benvenuti nella Grabner Sailing Academy! Grazie a questi video potrete imparare velocemente le più importanti manovre di base per la conduzione di una barca a vela; se avete da sempre desiderato imparare a navigare questi possono esservi di aiuto. Le sezioni sono strutturate in modo simile a quelli previsti per i corsi in una scuola di vela. Le spiegazioni sono semplici in modo che vi possiate concentrare sulle conoscenze essenziali.

In questo primo video conoscerai le parti più importanti della barca a vela. In questo caso si tratta di un catamarano a vela, il gonfiabile Grabner HAPPY CAT. La parte anteriore dello scafo è chiamata prua, la parte posteriore è chiamata poppa. C'è un comodo trampolino tra i due scafi. Visto nella direzione di marcia, quando si naviga a sinistra si fa sempre riferimento a babordo e a destra a tribordo. Il timone viene utilizzato per governare, per cui l'asta che tieni in mano è chiamata barra del timone. Al centro della barca c'è la deriva che può essere abbassata o alzata. La deriva riduce al minimo la deriva laterale: ti aiuta a navigare su una rotta più dritta possibile. Oltre al vento, la prua e la randa forniscono propulsione. La vela principale, o randa, ottiene il suo bellissimo profilo, simile all'ala di un aereo, tra le altre cose dalle stecche. Con vento leggero è possibile sostituire la classica vela di prua con il cosiddetto booster per una maggiore propulsione sull'HAPPY CAT. Anche i tre lati della vela hanno i loro nomi: l'inferitura (cateto) si estende lungo l'albero, poi ci sono la base (cateto) e la balumina (ipotenusa). La cima che viene usata per regolare la posizione della randa è chiamata scotta della randa. La posizione della vela di trinchetto viene cambiata con la scotta del fiocco o del fiocco. Opzionalmente è possibile fissare una boa anti-ribaltamento alla sommità dell'albero. Ciò semplifica la sistemazione della barca dopo la scuffia. Il team della Grabner Sailing Academy vi augura buon divertimento nella navigazione!



Nei due video successivi viene spiegato come salpare, navigare, ormeggiare, regolare le vele secondo le varie andature, ..... e molto altro.



lunedì 20 luglio 2020


lunedì 8 giugno 2020

REWIND: How small is too small?

West Wight Potter E-Type, da un articolo di Practical Boat Owner
(Da un articolo di Practical Boat Owner trovato su West Wight Potter Owners, liberamente riassunto, tradotto ed interpretato da me medesimo. Perdonate errori ed omissioni ma una traduzione precisa e puntuale richiederebbe molto più tempo dell'oretta a cui ho potuto dedicargli).

Se gli yacht stanno diventando sempre più grandi e più sofisticati, perché qualcuno dovrebbe scegliere di navigare un micro cruiser di 14 piedi dagli anni '60?

David Harding ha cercato di scoprirlo sul West Wight Potter... How small is too small? 

Se si vuole discutere in merito ai piaceri della crociera in una barca molto piccola basta chiedere ad uno qualsiasi dei proprietari di un West Wight Potter: “Potevo permettermi un nuovo 31 piedi ha detto uno di questi di recente, ma mia moglie non ama né il freddo né l’umido, e l’impegno di possedere una barca non ci lascerebbe il tempo per tutto il resto che vorremmo fare. Invece, teniamo il nostro Potter nel garage. Quando si vuole uscire in barca a vela, lo agganciamo all'auto e si va via per un paio di giorni sul Norfolk Broads, possiamo decidere di navigare lungo la costa orientale, oppure i laghi scozzesi, o dove ci pare e piace. Il Potter può essere varato, alato e attrezzato da una sola persona e, una volta tornati, lo rimettiamo di nuovo nel garage. Non esiste un modo più semplice di andare in barca.”

Un mondo in cui i materiali compositi ultra tecnologici, l’elettronica e i sistemi di climatizzazione gestiti da un cellulare prima di arrivare al porto sembrano averci fatto dimenticare che anche la semplice navigazione può essere divertente, così come riuscì a dimostrare Stanley Smith nei primi anni' anni '60, quando introdusse i primi Potter in compensato marino. Ma Stanley non è venuto alla ribalta con il Potter, bensì con la realizzazione di un dinghy cabinato costruito nel suo cantiere a Yarmouth, nell'Isola di Wight.
Nel 1949, più di un decennio prima dell’uscita del Potter, Stanley e suo fratello Colin, partirono dalla Nova Scotia a bordo di “Espero Nova”, un 20 piedi che avevano costruito nel seminterrato di una vecchia cappella. Con questo dinghy cabinato arrivarono ​​in Inghilterra 11 giorni dopo e, non a caso, si sono trovati al centro dell'attenzione dei media. Dopo aver mostrato la barca al Festival della Gran Bretagna, l'anno successivo, questa volta con Stanley Charles Violet come equipaggio, hanno fatto la traversata di ritorno nel 1951, come raccontato nel suo libro "The Wind Calls The Tune".
Ma le sue imprese non finìrono lì. Convinto sostenitore della capacità che le piccole imbarcazioni a vela possano percorrere lunghe distanze in mare aperto, circa dieci anni dopo decise di consegnare un Potter, ordinato da un comandante di una nave cisterna svedese, al suo nuovo proprietario via mare. Ce la fece, nonostante che per tre giorni nel Mare del Nord ci fosse stata Forza 8-9  e si fosse arenato su di un banco di sabbia della costa danese. Con la barca che, in qualche modo sopravvisse quasi indenne, proseguì il viaggio verso l'entroterra, la Danimarca, ed infine, con l'acquisto di un fuoribordo di 6hp poté percorrere le ultime 60 miglia, attraverso il Kattegat, contro un vento gelido.
La letteratura occidentale del tempo riferisce l’effettuazione del viaggio del temibile Mr Smith con il Potter durante il mese di ottobre, ma si consigliano vivamente i potenziali proprietari di questa barca di non tentare traversate epocali durante questa stagione.

What a way to Potter 

Si potrebbe pensare che ben poche persone avrebbero preso in considerazione il fatto di compiere un viaggio del genere su di un 14 piedi zavorrato solo da una piccola chiglia mobile in acciaio. Invece il Potter è stato progettato per la massima stabilità in mare e allo stesso tempo una grande maneggevolezza a terra. La lunghezza di 14 piedi era quella minima che potesse permettere a due adulti di pernottarci comodamente e a viverci in più persone durante il giorno, in più la possibilità di parcheggialo in un garage di dimensioni normali.
Stanley Smith, per ottenere buone prestazioni veliche, ridusse anche il baglio massimo e il bordo libero. Per quanto riguarda il peso il Potter doveva essere trainato da una Mini Morris, quindi contenuto entro i 280 kg. Nonostante queste modeste dimensioni e i tentativi del costruttore nel dissuadere i nuovi armatori ad emulare le imprese di questo progettista intrepido, molti altri Potterers non sono stati in grado di resistere al bisogno di libertà che questa piccola barca a vela poteva regalare (........)
Nota: si narra di numerose avventure, migliaia di miglia, giorni e giorni passati dai Potterers in mezzo agli oceani .

Stable by design

( ........ ) Se c’è poca acqua, basta alzare la deriva mobile, se c’è poco vento non ci sono problemi a muoversi e a bolinare, se ce n’è troppo non ci dobbiamo preoccupare dei limiti a causa della sua rigidità e poi molto dipende dal posizionamento dell’equipaggio, come in una deriva. Le ridotte dimensioni del Potter, il suo peso contenuto e l’armo semplice permettono di fare vela rimorchiando la barca di giorno in giorno. Con una barca come questa ci si può navigare anche in autunno, con qualsiasi tempo, quando le altre barche sono al rimessaggio, fino a spiaggiarla. E se il vento se ne dovesse andare si può anche condurla a remi, mentre le altre, più grandi, rimangono incollate in acqua. Ovviamente ci si può installare anche un motore, quello da 4 hp dovrebbe essere l’ideale, ma la barca si muove davvero bene anche a remi. Una volta tornati allo scivolo bastano 15 minuti per fare tutto, si mette la barca sul rimorchio con il verricello, si mettono via le vele e si butta giù l’albero in un batter d’occhio.
E a questo punto viene da chiedersi del perché i naviganti hanno sempre il desiderio di avere qualcosa di più grande. E come disse Larry Brown nel suo “Sailing on a micro budget” , “.. più grande è la barca e più costa, meno la si utilizza e meno ci si diverte …”. Non c’è nessun premio per chi indovina quale barca egli avesse.

West Wight Potter E-Type, da un articolo di Practical Boat Owner
La West Wight Polycraft produsse il primo Potter agli inizi degli anni ’60. Dal 1967 in poi il compensato marino lasciò il passo alla fibra di vetro, gli stampi furono prodotti dall’americano Herb Stewart che si preoccupò di spedirli all’Isola di Wight. Stewart iniziò la produzione in America su licenza con un grande successo e dove questa continuò con diverse migliaia di esemplari. Stewart, per ottenere lo stampo, dovette fare alcune modifiche al disegno originale delle prime barche vendute al Salone di Londra del 1961, a poco più delle 300$ di allora. L’anno successivo fu lanciato il C-Type che, sulla base delle richieste dei suoi investitori, fu modernizzato da Smith con riluttanza modificando il piano velico, gli spazi in cabina, le linee d’acqua, il pozzetto autodrenante, etc. La produzione del Potter continuò anche nell’Isola di Wight con la Ring Marine fino alla metà degli anni ’70, fino a che Larry Rumbol non acquistò gli stampi nel 1984 fondando la Potter Boat Company nello stesso anno. Fu inizita la produzione con il D-Type, riammodernato rispetto alla produzione precedente. Successivamente i figli di Rumbol introdussero il Nova al quale applicarono ulteriori modifiche. Poi il Potter crebbe di un piede e diventò l’AX.

West Wight Potter E-Type, da un articolo di Practical Boat Owner
Nel 1996, in onore del suo progettista, Stanley Smith, un Potter A-Type è stato ricostruito in compensato marino sulla base degli stampi del C-Type. 

West Wight Potter E-Type, da un articolo di Practical Boat Owner
Considerazione finale e personale, questo barchino ricostruito come l'originale degli anni '60 è meraviglioso. Questo dovrebbe essere l'E-Type, ma non se trova più traccia in commercio purtroppo.


West Wight Potter E-Type, da un articolo di Practical Boat Owner

sabato 30 maggio 2020


mercoledì 15 gennaio 2020

REWIND: Le buone maniere in barca

Aspirina durante le operazioni di ormeggio

(reperito qua e la in rete, più interpretato che capito, più riscritto che tradotto)

Secondo alcuni la nautica da diporto ha più di 300 anni, più del baseball, del tennis e del golf, secondo me invece la nautica da diporto esiste fin dal tempo dei Fenici, e non è difficile trovare nella letteratura degli antichi romani esperienze di diportisti che si dilettavano lungo le coste dell'impero. Le tradizioni in questo sport si sono evolute in parte come cerimoniali, in parte per necessità. Il galateo in barca è stato sviluppato non tanto come una forma di gratifica, ma piuttosto per definire un insieme di standard, di regole e competenze nell’andar per mare che possano infondere sicurezza in se stessi e negli altri naviganti. Ai vostri vicini di ormeggio, per esempio, potrebbe essere necessario chiedere pazienza mentre gli state attraccando accanto, oppure una qualsiasi altra necessità, come per esempio, prendere una cima per fissarla al molo. È quindi opportuno stabilire con lui un buon rapporto, obbedendo alle prassi esistenti, che siano per tradizione che per buona norma. Il rispetto della privacy e l’aiuto reciproco sono le pietre angolari del galateo in barca.

Il Codice della Nautica da Diporto detta le condizioni in cui bisogna condurre la barca al fine di evitare collisioni. Tuttavia, anche se non esiste il rischio imminente di abbordaggio, nessuno è libero di fare quello che vuole quando si è nelle vicinanze di altre barche. La scia di una barca che corre ad alta velocità in porto può generare dei danni sia alle strutture del porto stesso che alle altre imbarcazioni. Quando si procede al sorpasso di una barca più lenta è sempre buona norma mantenere una distanza tale che non vengano generate delle forti oscillazioni. Non c'è niente di peggio che essere in cabina a cucinare la colazione e di essere improvvisamente superato da una barca che non ha mantenuto una sufficiente distanza.

Se certamente tutti gli altri devono rispettare i limiti di velocità non dimentichiamoci che a volte potrebbe essere necessario ridurre la nostra velocità se la barca che ci deve sorpassare ha la precedenza. Se si deve  sorpassare un’altra barca a vela, questo sarà possibile se siamo sopravvento in modo da non interporsi tra lei e il vento. Durante la navigazione in prossimità di una regata, bisogna cercare di starne ben lontani e, ovviamente, non pretendere il diritto di precedenza. Infine gestite i parabordi e le cime fuori bordo in sicurezza in modo che non vadano ad interferire con i motori delle altre barche.

Quando si desidera ormeggiare o ancorare bisogna farlo a bassa velocità senza che la nostra scia faccia dondolare i vicini a tal punto da rovinargli la cena. Bisogna stare attenti a non ancorare troppo vicino alle altre barche perché il vento può cambiare con la conseguenza di scontri o sovrapposizioni delle linee di ancoraggio. E’ consigliabile ancorare in prossimità di barche della stessa tipologia e dimensioni poiché barche diverse si comportano diversamente l’una dall’altra, così i multiscafi rispetto ai monoscafi e le barche leggere rispetto alle barche pesanti, secondo i cambiamenti del vento e delle maree.

Se necessario, accendere le luci per segnalare la propria posizione. Allo stesso tempo fate attenzione al volume della voce, si potrebbe disturbare il vicino. Se possibile considerate l’opportunità di usare dei remi al posto del motore quando utilizzate il canotto per gli spostamenti in modo da non disturbare. La consuetudine vuole che se ci si avvicina un’altra barca lo si dovrebbe fare sul lato dritta ad una distanza da sei a dieci metri, poi bisogna farsi riconoscere salutando ad alta voce prima di avvicinarsi. Alcuni diportisti sono socievoli, altri riservati pertanto bisogna essere amichevoli ma non invadenti. Non salite mai a bordo di un’altra barca senza essere mai stati espressamente invitati.

Assicuratevi sempre di aver ottenuto il permesso prima di prendere l’ormeggio appartenente ad altri. Questo potrebbe essere stato riservato ad un'altra barca che sta per arrivare, o può non essere adatto alla vostra imbarcazione. Considerate anche ciò che avete intenzione di fare durante la notte. Un barbecue o una festa potrebbero disturbare i vostri vicini, in tal caso mantenetevi alla debita distanza.

Quando siete al pontile per il rifornimento del carburante, cercate di essere veloci e ricordatevi che altre imbarcazioni sono in attesa. Per esempio non lasciate lì la barca per andare ad acquistare generi alimentari o altro. Durante l’operazione di rifornimento state attenti ad ormeggiare in modo sicuro e rimanete a bordo, questo farà sì che altre imbarcazioni non possano avvicinarsi troppo. In caso di necessità favorite l’avvicinamento e lo spostamento delle barche che vengono prima e dopo di te al rifornimento.

Durante l’ormeggio o l’ancoraggio mantenete sempre la linea in chiaro in modo che altri non ci si possano impigliare.

Se si naviga lentamente in una canale stretto date la precedenza a chi viene dopo di voi e se si è costretti a salire su di un’altra barca per raggiungere il molo passate sempre lungo il ponte e mai in pozzetto, così come le eventuali linee di attracco. Date fiducia ai vostri ospiti in barca e vicini di ormeggio eseguendo con perizia i nodi necessari.

Quando i componenti dell’equipaggio salgono a bordo, spiegategli chiaramente cosa ci si aspetta da loro, soprattutto se hanno poca esperienza di navigazione. Una visita pre partenza della barca, dei i suoi sistemi, e delle sue eventuali peculiarità renderà più piacevole il tempo da trascorrere a bordo.

Fate presente al vostro equipaggio che a bordo bisogna avere le calzature adatte secondo la temperatura dell’aria e dell’acqua e comunque con un adeguata suoletta antiscivolo. E’ importante anche ricordare che lo spazio a bordo è limitato e che quindi non ci si può portare tutto come se fossimo in un appartamento, ci sono però alcune cose fondamentali da portarsi dietro come gli occhiali da sole, la crema solare e il cappello.

In caso di viaggi all’estero assicuratevi sempre che ogni componente dell’equipaggio abbia con se tutti i documenti necessari. Controllate anche che i giubbotti salvagente siano idonei per tutti i passeggeri a bordo.

Una volta assegnato il proprio posto a ciascuno spiegategli l'importanza dell’ordine e della precisione in modo che tutto possa essere ritrovato facilmente, specialmente nel caso in cui un oggetto sia stato tolto dal proprio posto, come una torcia, una bussola, un GPS, etc..

L'espressione "avete perso la barca" ha sicuramente un origine “nautica” (da noi in verità si parla del treno). Non c’è niente di più frustrante che attendere persone in ritardo, magari in una bella giornata soleggiata e ventilata. Per questo motivo comunicate a tutti gli orari precisi e rendeteli consapevoli delle possibili variazioni meteo e delle maree in modo che si rendano conto che è necessario essere precisi.

Rendete l’equipaggio consapevole che la riuscita di una crociera, piccola o grande che sia, dipende dalla capacità di ciascuno di adattarsi e rispettare le regole. Lo skipper deve essere il primo a salire a bordo e tutti gli altri dietro. L’equipaggio deve essere anche consapevole che l’uso dei servizi igienici e dell’acqua devono essere contenuti il più possibile e di fare attenzione a non ostruire gli scarichi in nessun modo. La conservazione dell’acqua potabile è un aspetto di prioritaria importanza.

Informate l’equipaggio sulle procedure di emergenza e di sicurezza prima di partire. Spiegate le procedure di rifornimento, attracco e partenza. Accertatevi che qualcuno a bordo è in grado di prendere il vostro posto e che sia in grado di far funzionare la radio VHF per chiedere aiuto in caso di necessità.

Se sarete previdenti, onesti e chiari con il vostro equipaggio, tutti a bordo potranno trascorrere una navigazione sicura e piacevole.

Mantenere la calma, cosa rara su Aspirina

domenica 12 gennaio 2020


giovedì 27 giugno 2019


giovedì 25 ottobre 2018


venerdì 5 ottobre 2018


domenica 28 gennaio 2018

giovedì 25 gennaio 2018


martedì 16 gennaio 2018


sabato 13 gennaio 2018


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