venerdì 26 marzo 2010

Il Ritratto di Dorian Gray


Grande Wilde, sicuramente un libro da leggere, tanti argomenti e un bagaglio di sensazioni su cui riflettere nel silenzio delle nostre navigazioni a vela. 
Ritengo che questo romanzo possa essere compreso nella sua totalità solo oggi, spogliato dagli inutili pregiudizi sulla omosessualità dell'autore, dalle frettolose condanne di decadentismo esasperato nonché dalla facile etichetta della critica alla società borghese di quei tempi. 
Ritengo invece il racconto altrettanto attuale oggi quanto allora. Wilde, come una lama affilata, penetra nell'animo del lettore scavando solchi profondi tra morale, coscienza e anima distinguendone le caratteristiche e identificandone la forma in maniera chiara ed inequivocabile. 
Nella cruda descrizione della realtà e della società il bene ed il male si confondono nel dramma di esistenze perse nella vita, tra le passioni e l'ipocrisia di un mondo che non riesce a scrollarsi di dosso il peccato, il male, stato in cui l'uomo non può far altro che soccombere. 
Certamente, nel suo spirito decadente, il romanzo sembra non lasciare speranza all'umanità e forse per questo criticato dai "benpensanti" di ieri come quelli di oggi. 
Al contrario io penso che la salvezza di ogni uomo, qualunque sia il suo credo o la sua fede, possa passare solo attraverso una piena consapevolezza dei propri limiti e del proprio essere. 
Troppo spesso le apparenze ingannano, anche e soprattutto se stessi, e se questa "ipocrisia" non viene percepita niente e nessuno potrà salvare l'uomo dall'autodistruzione. 
Il romanzo diventa quindi semplicemente un mezzo con il quale si apre un percorso di introspezione che già durante tutto il novecento abbiamo riscontrato nell'esistenzialismo ed in altre correnti letterarie ma che certamente sarebbe il caso riaprire, prima che altre tragedie possano devastare, come è già successo, anime vuote e preda del male che è in ognuno di noi.


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