Qualche giorno fa, davanti alle coste algerine, è naufragato il catamarano di nazionalità francese "Love Love" portandosi con sé quattro vittime ed un disperso. L'equipaggio era pronto per una traversata transoceanica e molto esperto, purtroppo una serie di concause ha generato questa grandissima tragedia per la nautica da diporto internazionale. Il catamarano stava procedendo a motore per una destinazione dove fare riparazioni al rigging ma le condizioni del tempo sono mutate improvvisamente al peggio, più di quanto prevedeva il meteo locale.
La famiglia dell'armatore accusa la
Capitaneria di Porto di Saïdia che nella zona dove è avvenuto l'incidente erano presenti numerosissime reti da pesca non segnalate che hanno fatto improvvisamente bloccare l'elica e il motore. Le condizioni meteo-marine avverse e l'impossibilità di issare le vele hanno fatto tutto il resto. C'è da aggiungere che le previsioni nella zona non davano un peggioramento di tale portata, anche di questo aspetto sono da accertare le cause.
Nell'esprimere il mio profondo e sentito cordoglio per le vittime e le loro famiglie voglio solamente trarre qualche conclusione del tutto personale ad uso di noi, armatori di piccole imbarcazioni a vela, che viviamo continuamente nell'illusione che qualcosa di più "grande" potrebbe essere più sicuro:
- le cause delle tragedie sono quasi sempre più di una;
- in mare non c'è errore che può essere perdonato;
- non esiste barca che non si possa capovolgere, qui si parla un catamarano di 42 piedi;
- non esiste equipaggio abbastanza esperto.
A queste considerazioni ne aggiungo un'ultima esprimendo la mia più sentita disapprovazione verso coloro che, in Italia, negli ultimi mesi hanno accusato il Governo per una modesta tassa sulle imbarcazioni, una miseria in confronto ai costi totali di mantenimento di uno yacht e al caro-carburante, e per i controlli effettuati dalla Finanza e dalle Capitanerie durante le vacanze estive. Gradirei che questa sottospecie di giornalisti e dirigenti di Associazioni che hanno generato e appoggiato queste accuse, principalmente provenienti da UCINA, l'Associazione delle Industrie Nautiche, a valutare la possibilità di cambiare mestiere e di dimettersi. tanto più che la subdola asserzione che gli armatori si sarebbero trasferiti all'estero, incluse le strutture di cui si parla, potrebbero portare gli armatori stessi verso destinazioni poco sicure e incontrollate. Perdonatemi perché non è il luogo, né il momento, ma nulla accade mai per caso. Ritengo invece che l'Italia sia ancora un paese di persone serie, questi irresponsabili a parte.