mercoledì 30 aprile 2008

Il veliero carrellabile, tra mito e realtà


(versione liberamente tradotta e interpretata da Ocean Spirit Magazine)

Il veliero carrellabile. Probabilmente non esiste nessun altro tipo di imbarcazione che abbia ispirato un maggior numero di critiche o di lodi sperticate. Mito indiscusso per chi vuol praticare la vela "povera e senza pensieri", per il velista puro viene quasi sempre liquidato come una sotto categoria di barca, mentre il profano, dopo aver raccolto tutti i tipi di informazione, fondate e non da ogni tipo di fonte, arriva spesso alla conclusione che è il sistema più veloce per arrivare ad una sorta di "suicidio nautico".
Ovviamente, nessuna di queste teorie è vera, né, se è per questo, il novanta per cento di quello che si sente dire in giro sul veliero carrellabile rende l'immagine reale di ciò a cui è destinato.
L'unico modo per capire davvero che cosa è veramente il veliero carrellabile è quello di esaminare per primo il suo "yacht design" in relazione alla teoria della vela e l'adattamento che entrambi hanno prodotto in una sorta di "barca ibrida", se così si può chiamare.
L'aspetto più critico su cui si incentra l'insieme rimorchio + veliero è sempre la chiglia, quindi esaminiamo brevemente la chiglia per vedere come funziona e quali problemi potrebbero insorgere.
Un minimo di teoria
La teoria della vela ruota intorno a due centri di pressione: la pressione del vento sulle vele e la pressione dell 'acqua sulla chiglia. L'una non può funzionare senza l'altra. Se non ci fosse la pressione sulle vele la barca non si muoverebbe e, per contro, se non ci fosse la pressione sulla chiglia la barca non avanzerebbe, muovendosi solo lateralmente sull'acqua cioè, come si dice in gergo, "scarrocciando". Il punto teorico in cui la pressione del vento agisce sulle vele viene chiamato il centro di sforzo, mentre il punto dove la pressione dell'acqua agisce sulla chiglia è il centro della resistenza laterale. E' l'equilibrio tra il centro di sforzo e di resistenza laterale che determina, in larga misura, il rendimento della barca.
In particolare quando la barca è in direzione del vento la resistenza laterale non è necessaria e, quindi, la chiglia non è efficace. Sulla base di questo ragionamento viene determinata la forma della chiglia, che offre la sua più grande superficie, e quindi la sua più grande resistenza laterale, quando la pressione laterale nelle vele è più grande. Così ne consegue che quanto più grande e più profonda è la chiglia più offre la resistenza all'acqua. Ovviamente, c'é un punto in cui la sua dimensione creerebbe più problemi che vantaggi ma, in ogni caso, una chiglia importante è il mezzo ideale per ridurre la deriva laterale o lo "scarroccio", così come lo si voglia chiamare. Ma i problemi sorgono quando la barca deve essere tirata fuori dall'acqua, infatti una grande chiglia diventa fastidiosa. E' già abbastanza noiosa quando si desidera avvicinarsi ad una spiaggia, ma del tutto inopportuna quando si vuole mettere la barca su di un rimorchio e portarla a casa.
Un minimo di pratica
E' stata trovata una soluzione: una chiglia che può essere sollevata per il trasporto e abbassata per la vela in modo da risolvere entrambi i problemi, sistema già utilizzato e sperimentato a lungo nelle piccole derive. Tuttavia, vi è un altro fattore che va considerato: la chiglia di uno yacht serve a contrastare lo sbandamento della barca e a prevenire la scuffia. Una chiglia di questo tipo deve essere zavorrata con un peso teorico pari a circa il 40 o 50 per cento del peso totale della barca e di fornire una forte leva di raddrizzamento quando la barca è sbandata. Tuttavia, è praticamente impossibile ottenere qualcosa di simile per una deriva mobile. Vengono spesso utilizzate pesanti lastre di ferro, ma a causa della loro sagoma relativamente sottile non potranno mai essere abbastanza pesanti. Per questo motivo la leva essenziale per il raddrizzamento non è più sufficiente. Si è trovato quindi il compromesso di zavorrare lo scafo, ma questo peso aggiuntivo non è sufficiente a creare la necessaria leva di raddrizzamento. Questo significa che , nel caso di una forte raffica di vento, la barca può scuffiare.
Il Problema
E questo è il mito irrisolto del veliero carrellabile in generale, anche se gli sviluppi nella progettazione negli ultimi anni hanno ridotto questa tendenza, soprattutto migliorando la sicurezza e quindi evitando il capovolgimento totale e garantendo la inaffondabilità. Di fatto il problema di fondo presente nelle "derive mobili" non è stato eliminato e l'unico sistema per evitare la scuffia sotto raffica sono l'esperienza e la pratica del timoniere e dell'equipaggio.
Le risposte
Come già accennato la risposta principale da parte dei progettisti per ridurre il rischio della scuffia è stato quello di zavorrare alcune parti dello scafo, anche con "water ballast" che si autoalimentano quando la barca è in acqua. Ovviamente anche lo studio della sezione della barca, come l'aumento del suo raggio, ha contribuito a renderla più stabile e sicura, ma l'effetto combinato di zavorra e sezione non potrà mai rendere la barca completamente stabile così come una chiglia pesante può rendere in termini di leva di raddrizzamento. A questo punto la fantasia si è sbizzarrita in sistemi utili per liberare la randa sotto la pressione del vento, così come l'utilizzo sempre più frequente degli avvolgi fiocco o, addirittura, degli avvolgi randa. Purtroppo, però, la realtà è che finché la leva di raddrizzamento rimarrà ridotta la barca a vela, sotto la pressione di forti raffiche di vento, non sarà mai completamente stabile. La conclusione è che nel momento in cui si decide di acquistare un veliero carrellabile bisogna acettarne i suoi grandi pregi, ma anche i suoi limiti, limiti che fanno entrare in gioco la capacità dello skipper di risolverli senza commettere gravi errori.
I vantaggi e gli svantaggi
Si può quindi affermare, con ragionevele certezza, che il veliero carrellabile è il frutto di un compromesso, insomma una via di mezzo tra la barca a vela a chiglia e un gommone. In quanto tale esso eredita molti dei vantaggi di entrambi, ma anche alcuni dei loro svantaggi. Va aggiunto però, che il veliero carrellabile ha delle caratteristiche proprie. Uno degli aspetti più critici relativi al veliero carrellabile è stato quello di inserirlo in una categoria specifica, anche perchè per veliero carrellabile si può intendere sia la piccola deriva che il cabinato a chiglia di una certa dimensione. Forse l'elemento che può in qualche modo classificarne il "design" è proprio il rimorchio che indica inequivocabilmente se la barca è veramente carrellabile. Allo stesso tempo i rimorchi possono essere di tipologie diverse in relazione al peso della barca e al tipo di chiglia. Uno dei maggiori vantaggi del veliero carrellabile èil fatto che questo può essere trasportato da un luogo ad un altro, esempio da un lago o da un fiume fino al mare, senza che questo debba attraversare passaggi pericolosi o completamente inaccessibili, quindi rimanere sempre dov'è. Questo vantaggio ha colpito molto l'immaginazione del pubblico e specialmente in paesi come l'Australia e la Nuova Zelanda. Parlando dell'Europa il veliero carrellabile ha avuto un enorme successo in paesi come Germania, Polonia, Francia dove, non sempre, l'accesso al mare è a portata di mano e dove esistono molti laghi e corsi d'acqua navigabili. Altri fattori per cui la sua popolarità è aumentata sono stati il notevole risparmio per i costi di ormeggio e amnutenzione come risultato di poter tenere la barca fuori dall'acqua nonché eventuali problemi che possono essere causati da fenomemi atmosferici di grave entità. La barca tenuta sotto un telone in cortile, o addirittura in garage è molto più protetta e sicura che in un ormeggio. Anche la stessa protezione dalla pioggia, dal sole e dalla luce è importante per la conservazione del gel-coat. Ovviamente, come qualsiasi altro compromesso ci sono alcuni svantaggi, soprattutto nello Yacht Design. Probabilmente il modo migliore per valutare un veliero carrellabile è quello di confrontare vantaggi e svantaggi e poi di trarne le dovute conclusioni, ed è quello che vi proporremo nei paragrafi successivi.
Vantaggi:
Prezzo:
I risparmi in termini di costo ci sono, ma non importanti. C'è da considerare inoltre il costo del rimorchio e del gancio sull'auto, che comunque deve essere idonea al trasporto del rimorchio + barca.
Manutenzione:
Questo è un settore in cui il risparmio in termini di costo può essere considerevole. Il carrellabile può essere tenuto in giardino o in un garage, riducendo così la necessità di lavori di manutenzione, in particolare sulle vernici. E' anche più probabile e conveniente perdere un ora per lucidare la barca sotto casa che in un porto o in un ormeggio.
Ormeggio:
Se la barca si tiene a casa l'ormeggio non costa nulla quando non viene utilizzata, contrariamente alle imbarcazioni a chiglia che devono pagare l'ormeggio tutto l'anno. C'è anche da aggiungereb la possibilità di tenerla ormeggiata durante l'anno in porti più economici, esempio laghi e fiumi, e poi durante l'estate portarla in vacanza.
Incrostazioni:
Una barca tenuta fuori di acqua non richiede anti-incrostazione. Un altro buon risparmio sui costi.
Trasportabilità:
Il più grande vantaggio del veliero carrellabile è quello di poterlo trasportare dove si vuole a condizione che vi sia acqua e un accesso. Va sempre verificata la presenza di quest'ultimo, e che sia adeguato al tipo di barca e rimorchio.
Campeggio nautico:
La barca carrellabile può essere tenuta sia sul carrello che in acqua, alla boa o su pontile, per periodi delimitati di tempo. E' prassi comune in Europa utilizzare degli spazi tipo "camping nautico". Purtroppo del tutto assenti in Italia.
Spiaggiamento:
Un grandissimo vantaggio della barca carrellabile a deriva mobile è la possibilità di avvicinarla a riva e di spiaggiarla senza il correre rischio di rovinare la chiglia, che sollevata, non crea più nessun problema. In questo modo si può arrivare a terra dal mare ovunque.
Svantaggi:
Stabilità:
Questo è senza dubbio il principale svantaggio del veliero carrellabile. Anche se nei diversi tipi di imbarcazione il problema è stato affrontato con approcci variegati , resta il fatto che senza una chiglia "importante", il veliero carrellabile non potrà mai essere stabile come una Yacht a chiglia.
Convenienza:
Deve sempre considerata la gestione del rimorchio e della barca includendo tutte le problematiche quali auto, alaggi, vari, alberatura, disalberatura, parcheggio, ecc. Ovviamente questi "disagi" devono essere confrontati con i vantaggi legati ai risparmi degli ormeggi e alla possibilità di andare a "veleggiare" dove si vuole.
Abitabilità:
Normalmente inferiori nei velieri carrellabili che nelle barche a chiglia.
Conclusioni:
A questo punto bisogna valutare se i vantaggi superano gli svantaggi. E la risposta, ovviamente, dipende dalla singola barca e del singolo acquirente, e anche cosa intende fare con il suo veliero.
Se pensi di navigare principalmente in acque tranquille e riparate gli svantaggi diventano poco significativi. Per altro se si mira a navigare in mare aperto la minore stabilità del veliero carrellabile diventa uno svantaggio importante. Generalmente chi pensa di utilizzare la barca con la famiglia durante la giornata o per i week-end o anche per fare qualche gara al Circolo Velico può tranquillamente utilizzare un veliero carrellabile, purché si tengano sempre a mente i suoi limiti di progettazione. In questo caso i vantaggi superano gli svantaggi. Chi invece vuol far lunghe crociere in mare aperto non può che scegliere uno Yacht a chiglia. In questo caso deve tener ben presenti i costi di gestione più alti.

Per riassumere, abbiamo impostato la seguente tabella nella quale vengono indicati vantaggi e svantaggi riferiti a velieri carrellabili o Yacht a chiglia:


Ali di farfalla


L'uscita del 20 aprile non era andata male. Una brezza leggera ci aveva accompagnato tutto il pomeriggio e il nostro barchino filava via in mezzo al Trasimeno tranquillo senza che ci facesse impegnare troppo in manovre e virate. Come tutte le domeniche c'era l'allenamento della Classe Meteor per la Regata Nazionale che si svolgerà proprio a fine maggio a Castiglion del Lago e, visto che eravamo partiti per primi, chiotti chiotti, senza farcene accorrgere, cercavamo di matenere il vantaggio. Avevamo, casualmente, scelto il lato del lago più ventoso e velocemente ci siamo trovati in netto vantaggio nell'approssimarsi a metà percorso per l'isola Polvese.


Tommaso, come sempre, brontolava tutti sulla lentezza delle manovre in pozzetto, ma mica siamo in Marina Militare??!!!. Non fate caso al vang montato male, abbiamo provveduto prontamente alla sua sistemazione la settimana successiva. Non avevavmo capito che, non avendo lo strozzascotte, era prevista la manovra in pozzetto. Bando alle ciance, ad un certo punto sul lato destro del lago si vede una striscia nera. Un rafficone di vento stava muovendo le sue acque. Si vede un Meteor buttarcisi dentro e, tutto sbandato e in men che non si dica, supera tutti. In un battibaleno raggiungere l'isola Polvese. Così è il lago!


Presi dalla gara solo "virtuale" perché gli altri nenche ci "vedevano" ci siamo buttati anche noi sul lato destro del lago cercando di entrare nelle grazie del vento, ma il tragitto era troppo lungo e non ce l'avremmo mai fatta ad entrare sulla scia del Meteor. Nel frattempo, mentre eravamo lì sul decidere cosa fare, si vede sopraggiungere un altro Meteor in velocità. Ci raggiunge, ci guarda, studia il nostro barchino e, come per dire "ti fumo quando voglio" torna indietro. Un pò di delusione, ma il Meteor era veramente "armato" da gara, superfice velica maggiore, due soli membri dell'equipaggio, vele tecnologiche, insomma potevamo solo soccombere. La Rachele ha immortalato la faccia insoddisfatta del "primo marinaio".



Mentre la Rachele continua il suo servizio fotografico decidiamo di rientrare. La seconda uscita con Aspirina ci aveva comunque soddisfatto ed era andato tutto come previsto: un barchino semplice, agile, divertente, insomma un piccolo grande yacht di neanche sei metri.



Un pò peggio è andata nel "ponte della Liberazione". Il 26, sul lago c'erano 25 nodi di vento tanto che, nel corso manifestazione area che si svolge sulle rive del Trasimeno tutti gli anni, diversi aerei avevano avuto difficoltà nell'atterraggio e nel decollo. Avevo preferito andare il 27, visto che le previsioni davano la giusta brezzolina che fa divertire. Siamo partiti, come al solito, alla grande e fiduciosi.


Arrivati in mezzo al lago nelle prime ore del pomeriggio, calma piatta. A dire la verità non ci siamo mai fermati, ma più che a veleggiare ci siamo divertiti a vedere le evoluzioni degli aerei sul lago. Poi è scoppiato un incendio, tutti gli aerei rientrati e si vedeva solo il Canadair che riempiva la sua pancia d'acqua per lo spegnimento. Non saremo mai abbastanza grati verso questi "angeli" del cielo che proteggono i nostri boschi e la natura dalla scelleratezza degli uomini.


Mentre si cerca il modo di passare il tempo andando alla ricerca un refolo di vento qua e là, le acque del lago cominciano a muoversi e si alza un bel grecale. La barca comincia a sbandare e noi, pronti, ci mettiamo tutti in posizione di richiamo. Mollo un pò la scotta della randa e prontamente il "primo marinaio" ruota dolcemente il timone "puggiando". Lo sbandamendo diminuisce considerevolmente. Siamo incerti sul da farsi, proseguiamo per l'isola Maggiore di bolina o torniamo indietro di gran lasco? Ormai sono le cinque passate ed è quasi l'ora di pensare al rientro. Peccato. questa bolina poteva mettere alla prova la nostra dimestichezza con questo nuovo barchino. Il rientro al gran lasco è stato veloce, oltre i 3 nodi, e tranquillo. Il "primo marinaio" ha mantenuto l'andatura a "farfalla" per tutto il tempo con precisione cronometrica ed è stato un gran divertimento. Peccato che il grecale non si sia alzato prima. Alle sei e mezza eravamo in porto.



giovedì 24 aprile 2008

Vizi privati, pubbliche virtù



Ultimamente, nelle più importanti riviste italiane del settore nautico abbiamo assistito ad attacchi "pubblici" ai nostri amministratori in merito alla delega "privata" sulla gestione dei porti. Il teatrino a cui si sta assistendo è quanto meno patetico poiché ritengo che dietro gli investimenti milionari sui grandi porti e relativi appalti ci sia dietro la regia dei grandi gruppi industriali del settore nautico che stanno "opportunamente" coltivando i propri interessi. Abbiamo già parlato abbondantemente di questo argomento, quindi non ci torneremo sopra, ma vorrei sottolineare quanto queste accuse siano quanto meno "ipocrite", visto che queste riviste vivono e prosperano grazie agli stessi gruppi industriali ai quali fanno pubblicità a pagamento e parlando, e sempre bene, delle loro produzioni. Non metto in discussione il fatto che queste riviste, per campare, debbano fare anche questo, però....un po' di pudore non guasterebbe. Mi sembra invece di percepire la stizza di redattori, capiredattori, direttori, quasi sempre "falsi marinai", o che della marineria hanno fatto pura retorica da "bar", dovuta alla perdita dei privilegi che circoli e circoletti vari gli hanno abbonato per lunghi anni per poche lire mentre noi, comuni mortali, abbiamo dovuto pagare o, alla peggio, vendere le nostre barche per non rischiare di non arrivare a fine mese. Chiederei quindi a questi soggetti, o ai loro scribacchini, di avere il buon gusto di tacere su questo argomento oppure, in alternativa, di avere il coraggio di scrivere la verità.....una volta tanto.
Concludo facendo un invito: in queste ultime settimane, si sta palando tanto del milione di euro che è stato stanziato in Liguria per la piccola nautica. Visto che la destinazione naturale, ovvia e compatibile con l'entità del finanziamento sia solo quella di sistemare e/ o adeguare tutti gli scivoli e relativi parcheggi per auto e carrelli che sono nei porti di questa regione, vorrò vedere se qualcuno di questi "signori" avrà il buon senso di consigliare ai nostri amministratori una scelta del genere. Da "cassandra" quale sono, sospetto invece che questi soldi torneranno a "circoli e circoletti" vari che potranno, in questo modo, continuare a elargire favori ai soliti "amici" e "amici degli amici".
Precisazione: per "circoli e circoletti" non intendo i veri Circoli Velici dove si fa scuola e si educano ragazzi ed adulti allo sport della vela, ma quei "circoli" esclusivi che per anni hanno permesso a pochi privilegiati di tenere le loro grandi barche, per pochi soldi, con la scusa dello sport.

mercoledì 23 aprile 2008

Giornata Mondiale della Terra



Tra l'indifferenza generale, oggi 22 Aprile 2008, si è celebrata la 38° edizione dell'Earth Day:

"Nato come movimento universitario, l'Earth Day, la Giornata mondiale della Terra, è divenuto un evento mondiale che coinvolge la maggior parte dei Paesi. La data della ricorrenza annuale, il 22 aprile, è stata ufficializzata per la prima volta dal senatore statunitense Gaylord Nelson al fine di creare una coscienza comune ai problemi ambientali. Sono previsti 4000 eventi in tutto il mondo.
Fu celebrato per la prima volta il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Per gli ecologisti è un'occasione per fare il punto sulle problematiche del pianeta: inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo alla distruzione dell'ecosistema, con migliaia di piante e specie animali che scompaiono e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili, per finire con il surriscaldamento del globo e lo scioglimento dei ghiacci eterni.
Lo scopo di tale ricorrenza è quello di trovare soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell'uomo, come il riciclo dei materiali - a partire dalla spazzatura che noi italiani conosciamo bene - la conservazione delle risorse naturali come il petrolio, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali all'ecosistema, come i boschi, e la protezione delle specie minacciate, come le micro rane della Nuova Zelanda. Estratto da: Viaggi.alice.it "


La mia proposta: Accesso ai laghi, alle vie fluviali, ai parchi marini e più in generale alle aree marine e lacustri protette alle sole imbarcazioni dotate di propulsione a vela e/ o elettrica.

E TU COME SALVERESTI IL PIANETA? DI' LA TUA

mercoledì 16 aprile 2008

Sicurezza in barca, un problema affrontato?


Non so realmente quanto questo problema sia seriamente affrontato in Italia. Mi limito a fare delle osservazioni che vorrei fossero confrontate con altre, addirittura in qualche modo contestate, se non rispecchiassero la realtà dei fatti.
Sono stato uno dei primi collaboratori per la creazione di una Agenzia Formativa in Toscana che a sua volta, assieme alla Lombardia, è stata una delle prime regioni italiane ad attuare la nuova legislazione in materia di formazione "permanente" professionale e per l'orientamento al lavoro e post - diploma. Con l'andare del tempo ho constatato che, al di fuori delle scuole pubbliche esauriti gli stimoli e forse le professionalità per realizzare corsi realmente utili, la tendenza è quella di inventarsi "soluzioni" formative spesso discutibili che vanno da corsi per la realizzazione di uova pasquali e centrini all'uncinetto. Faccio presente che moltissimi di questi corsi sono finanziati integralmente dalla Comunità Europea. Per contro, dai fatti che continuamente vengono riportati nei notiziari e nelle riviste specializzate nel settore nautico, sembra che si dia poca importanza, se non nessuna, alla sicurezza in barca. Si leggono storie raccapriccianti in cui si racconta che per semplici problemi al motore ci si è dovuti far rapinare dai soliti pescecani che sono venuti a trainarti in porto. Io stesso, devo affermare con assoluta onestà, che una delle motivazioni della rinuncia al mio 24 piedi, oltre ai costi e alla preferenza di una barca carrellabile, è stata la consapevolezza di non essere preparato alla navigazione "d'altura". In Italia non si parla di "sicurezza" in generale: è una parola che spaventa, sia che si tratta di sicurezza nel lavoro, che in auto ..... che in barca. Ritengo che sia un problema serio e che dovrebbero affrontare le Capitanerie di Porto, prima con corsi professionalizzanti agli istruttori, poi con corsi ai privati cittadini, anche a pagamento.
Come comportarsi in caso di avarie, l'uomo in mare, il pronto soccorso, la segnaletica, le condizioni meteo - marine, ecc. sono argomenti che non si possono esaurire con un esamino per la patente nautica, ma materie da affrontare con molta serietà ed un minimo di competenza ed esperienza. Chi ha navigato, anche poco, sa con quanta apprensione ci accingiamo a far salire "ospiti" a bordo preoccupandoci per la loro sicurezza e incolumità. Nessuno di noi, probabilmente, non si è mai trovato almeno una volta in una situazione di pericolo chiedendosi come fare a risolverla. Quasi sempre, se siamo ancora qui a parlarne, ci ha assistito la fortuna.
Concludo invitando Agenzie Formative, Scuole Pubbliche, Capitanerie di Porto a formare prima gli "istruttori" e poi organizzare corsi pubblici per tutti, gratuiti per i giovani e a pagamento, e magari obbligatori, per chi si vuole accingere a salpare l'ancora senza esserne preparato. Viviamo in un paese in cui se apro una bottega sotto casa, me ne aprono altre dieci accanto tutte uguali, insomma un po' di fantasia e "professionalità" non guasterebbero. Tra l'altro sarebbe una eccezionale opportunità per molti giovani di lavorare e di offrire un ottimo servizio alla collettività.

L'immagine è stata tratta da: www.boatingbasicsonline.com

giovedì 10 aprile 2008

Porti pubblici, porti privati


Erano gli inizi del terzo millennio, appena passati all'Euro, quei sessanta milioni in banca risparmiati con duro lavoro e in gran parte da destinare all'acquisto di una barca ci sembravano tantissimi. L'acquisto dell'Armagnac modello "ancien", la barca dei miei sogni, era sfumato, non era tenuta come volevo e poi...quel posto barca in terza fila a Fiumicino non era proprio un gran che. Approdammo in un porto della Toscana, più vicino a casa. In vendita c'era un bellissimo motorsailer tutto legno e ottoni, quello che faceva per noi e che ci avrebbe soddisfatto. Mia moglie era titubante, se si faceva l'acquisto il conto in banca sarebbe andato completamente a zero, ma si era convinta, la barca era proprio bella. Prima di firmare però, parliamo del posto barca. Ci rivolgiamo prima al Circolo Velico locale. Ci scrutano con sufficienza come per dire ma cosa vogliono questi? Non se ne fa di niente se non si conosce nessuno. Strano in qua e là erano ormeggiati cadaveri di barca che non si capiva come facessero a stare a galla. Si ritorna dal "sensale" che ci stava trattando l'acquisto della barca. Comincia a dire "ci penso io" e tra una strizzatina d'occhio e un'altra ci spara una cifra annua vertiginosa. Ma è un porto pubblico dico io! Lui risponde: O così o niente, a dimenticavo le provvigioni. A quel punto prendemmo tempo, tornammo a casa e ci mettemmo una pietra sopra. Conclusione? Non mi inteneriscono le lamentele di chi ce l'ha con lo Stato che affida i porti ai privati. In Toscana si dice: Il mal voluto non è mai troppo! I porti sono regalati ai privati? Vediamo i conti. Cosa ci guadagnava prima lo stato tra complicità, nepotismi, strizzatine d'occhio e piaceri personali? Cosa ci guadagnerà affidandoli ai privati? Ve lo ripeto non mi piace ora, né mi piaceva prima. I Circoli Navali? Pieni di carrette che occupavano posti barca per due lire? A quale titolo? Qualcuno me lo può spiegare? Ultima considerazione: la vela è uno sport meraviglioso che da piacere anche con un laser, in barba ai "privati", ai "pubblici", agli "amici" e a questa italietta da quattro soldi.
Nella foto: Armagnac "ancien" di Harlé

mercoledì 9 aprile 2008

Porti, ambiente e turismo sostenibile



Non sono uno di quegli ambientalisti che tirano diritto ad occhi chiusi, quelli che dicono no a tutto per presa di posizione ideologica e politica, ma in merito a questo argomento ritengo che debba essere fatta un po' di chiarezza, soprattutto da parte delle istituzioni. Per istituzioni chiamo direttamente in causa il Ministero dell'Ambiente.
La prima cosa è quella che dovrebbe essere fatta una Valutazione Ambientale Strategica Globale delle coste italiane che comprendesse una pianificazione territoriale su area vasta e che privilegiasse tutti gli aspetti: sociali, etici, economici ed ambientali per ciascuna regione e/ o area di indagine.
Non si può non ammettere che il turismo stia diventando una delle poche carte da giocare da un paese ridotto allo stremo dalla concorrenza indotta dalla globalizzazione e, senza farla troppo lunga, non ci possiamo permettere di far passare questo treno.....ma neanche di commettere gravi errori. Anzi di ritornare agli errori del passato: cementificare sconsideratamente migliaia delle coste dei nostri mari e dei nostri laghi con il miraggio di poter "vivere" o "sopravvivere" con il turismo. Ci siamo già passati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Analizzando alcuni studi preliminari presentati dalle istituzioni locali per proporre la realizzazione di nuovi porti turistici (ex. Porto di Tarquinia) emerge con una evidenza quasi patetica che le proposte si basano su studi e raffronti approssimativi. Faccio l'esempio più calzante: si confrontano le unità da diporto per 1000 abitanti tra Germania ed Italia e si scopre che i tedeschi ne hanno molte di più, pur avendo molte coste in meno. Soluzione: costruiamo un porto da 4000 barche dai 9 metri in su. Non è venuto in mente a nessuno però di andare a vedere come hanno fatto i tedeschi a gestire questa situazione (così come nessuno è andato a vedere come abbiano fatto a riempire un paese "freddo" di pannelli solari termici). Proseguendo con lo stesso tenore, diciamo da bar, per quello che so, la maggior parte dei tedeschi non possiede dei 9 metri ma molti carrelli e molti motori fuoribordo elettrici. Ci sarebbe da dire molto su questo argomento e non posso permettermi di annoiare i lettori, quindi devo giungere in fretta alla conclusione.
Non esiste una sola alternativa, o si cementifica o si muore. Esiste un modo ambientalmente sostenibile di conciliare lo sviluppo turistico con l'ambiente. Questo è quello di alternare a porti turistici di grosse dimensioni, e probabilmente quelli che ci sono basterebbero, con piccoli porti costruiti con pontili galleggianti o addirittura porti a secco per piccole barche carrellabili. Non tutti gli italiani possiedono un 9 metri!


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