Nel ringraziarmi dell'articolo scritto su di lui,
Maybe nel Sud della Bretagna, Roger, ricordando Procida e le indicazioni che gli avevo dato l'anno scorso per arrivarci, mi ha confidato che secondo lui è l'isola più bella del mondo. Concordo! E non solo perché ci ho passato dei momenti meravigliosi durante le vacanze estive quando ero un bambino, oppure per il fatto che mia nonna era nata lì e nel mio sangue c'è un po' di procidano, no non è solo questo, non sarebbe abbastanza.
Dei miei antenati procidani sappiamo ben poco, vivevano in un grande "compound" situato in via Cavour nel quale si entrava attraversando un arco e che, oltre naviganti ed armatori come molti altri procidani, erano proprietari di alcuni appezzamenti di terreno e proprietà sparsi nell'isola, dove ancora hanno casa dei cugini di mia madre. Tutto ciò mi rende un po' orgoglioso, sentirmi una parte di quest'isola anche se ora vivo in "continente". E' si, continente, perché i procidani chiamano la terraferma il continente, luogo in cui si recano solo per necessità e di molto mal volentieri. Così almeno era allora, quando la frequentavo, ma credo che sia così anche oggi, il procidano ama vivere solo nella sua isola ed in mezzo al mare.
Se dovessi descrivere Procida a qualcuno gli direi che è un tesoro immenso nascosto e coperto da un vecchio straccio polveroso, non certo per incuria ed incapacità dei suoi abitanti perché loro fanno parte di tutto ciò, ma per colpa nostra, di tutti coloro che, come me, dopo averla vista da fuori anche se ne comprendono in pieno lo straordinario valore umano, storico, architettonico e naturalistico non hanno la capacità di cambiare il suo inesorabile destino di isola dimenticata.
Si conosce così poco di quest'isola e dei suoi abitanti tanto che si è voluta definire l'architettura di Procida nella più modesta delle definizioni, l'"architettura spontanea", Cosa significa architettura spontanea, qualcuno me lo può spiegare? Come si fa a definire un qualcosa di così unico ed irripetibile come l'architettura delle case di Procida come architettura spontanea. Sinceramente non saprei come definire la meraviglia di forme e di colori delle case di Procida ma questa definizione mi sembra un po' riduttiva. L'arco, la scala rampante, le volte, mi ricordo che le grandi cantine di mia nonna e di mio zio, oltre a contenere botti e una miriade di cianfrusaglie odoranti di vecchio, avevano delle volte meravigliose, e poi quelle stanze immense delle sue case che nascondevano tante di quelle cose. I suoi tetti, i suoi colori, le sue grandi finestre, le case in cui ho vissuto a Procida sembravano destinate non a delle persone normali, ma a dei giganti, a degli esseri soprannaturali che nella mia fantasia di bambino assumevano le sembianze, una volta dei grandi marinai del passato, altre volte di personaggi indefiniti, tinti di nero, talvolta spaventosi, forse memorie sbiadite di racconti di invasioni e distruzioni da parte di pirati e orde di saraceni.
|
Mamma vestita da Graziella, dalla tradizione popolare procidana |
Si è detto dei procidani che costruivano navi e che sono da sempre degli ottimi naviganti. E basta? C'è un bel libro intitolato "
La Storia di Procida" del quale non si legge recensione che ho letto tantissimi anni fa, lo vorrei acquistare perché ben poco mi ricordo. Penso che forse oggi ci vorrebbe qualcosa di più, quest'isola merita che qualcuno riscriva la sua storia in modo più accurato, scientifico, tanto da restituirgli la dignità ed il valore che merita, senza nulla togliere a ciò che è già stato detto oramai troppo tempo fa.
Voglio concludere questa piccola e modesta memoria su Procida asserendo con convinzione che non esiste nessun luogo della terra bello come Procida. Si è vero, vicino c'è Capri, Ischia, la Costiera Amalfitana, tutti luoghi meravigliosi ma che nulla hanno a che fare con il fascino e la bellezza di Procida. Se volete vedere Procida come era qualche decennio fa ne ho già parlato e ve ne consiglio la visione:
L'Isola di Arturo. Credo ancora che Procida possa essere salvata da questo mondo distratto e un po' arrogante e riportata al suo antico splendore.
Nel rivedere il film tratto dal bel romanzo della Morante mi sono tornati alla mente gli ergastolani che, a volte, passavano incatenati lungo la strada che portava a casa di mia nonna o che incontravamo lungo le viuzze strette tra due muri. Il dolce ricordo di mia madre che mi prendeva per mano in senso di protezione mi stringe il cuore, com'era bella. Ma voglio tornare agli ergastolani e cosa hanno significato per Procida, secondo me una tragedia, in tutti i sensi. Se da un lato il risvolto umano di questa esperienza del Penitenziario durata circa un secolo e mezzo deve essere necessariamente rispettato mi chiedo come si possa aver trasformato un Palazzo Reale in una prigione, e non basta, continuare a mantenerlo in stato di assoluto degrado. Se tutti i giorni non faccio altro che vergognarmi di essere italiano e della classe politica che ci governa, e che peraltro ci meritiamo, credo proprio che non ci meritiamo affatto ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato. Procida non la meritiamo!
A questo punto però non posso dimenticarmi il mare, come non parlare del mare scuro e profondo di Procida. Se vi aspettate il mare verde smeraldo della Sardegna o delle isolette del Pacifico qui non lo troverete. Il mare di Procida è mare, è mi tornano alla mente i momenti in cui mio padre ci buttava in quel mare così scuro per fare lo sci nautico, che paura, non si vedeva nulla, solo blu profondo. E poi quella roccia, il marrone scuro del vulcano che milioni di anni fa aveva creato l'isola dal fuoco e dalle fiamme, forgiata come una spada da Zeus. Il mare più bello di Procida lo si vede a
Vivara, oggi riserva naturale ma che da bambini ci piaceva esplorare liberamente per lungo e per largo sognando di trovare sepolto lì un qualche tesoro lasciato dai pirati, chissà, forse c'è ancora.
Vorrei parlare anche dei limoni e dei suoi orti, ma questa è un'altra storia.