Fin dall’antichità il lago ha avuto una notevole importanza per Chiusi. Gli Etruschi lo chiamavano “Chiaro di luna” perché credevano che nelle sue limpide acque venisse a specchiarsi nelle notti serene la dea del cielo, Tiu. Secondo la tradizione cristiana Santa Mustiola, fuggendo da Roma, attraversò sul suo mantello le acque del lago lasciando una scia di luce che d’allora sembra riapparire ogni anno, all’alba del terzo giorno d’aprile. In alcune memorie del Quattrocento è ricordato lo Sposalizio delle Chiane, con il quale la città rivendicava simbolicamente il possesso delle acque del lago - che segna il conteso confine con l’Umbria - gettandovi un anello d’argento. In realtà il lago, che si trova a 5 Km dal centro storico, è una sorta di “reperto”: un piccolo specchio d’acqua sopravvissuto, insieme al Lago di Montepulciano, alla bonifica della Val di Chiana che trasformò in terreni fertili un’estesa palude malarica. Oggi il lago riveste una particolare importanza ambientale per le numerose specie di pesci che lo popolano, per le moltissime piante ed erbe palustri che vi crescono e per essere il rifugio, dall’autunno alla primavera, di numerosi uccelli migratori: vi nidificano molte specie di aironi che, tra i folti rami di salici e pioppi, hanno creato una delle più importanti colonie dell’Italia centro-meridionale. Insomma, un paradiso per gli amanti della natura, per gli appassionati non solo di bird-watching, ma anche delle escursioni a bordo lago a piedi o in bicicletta, oltre che per canoisti e pescatori.
Fonte:
Pubblicazione a cura dell’Apt Chianciano Terme Val di Chiana
Ideazione e testi: Simone Marrucci
Nella nostra "gita fuoriporta" del primo di maggio non abbiamo potuto fare a meno di andare a visitare il piccolo lago di Chiusi che io avevo conosciuto solo per motivi di lavoro nel corso di alcuni "audit" svolti su impianti per la gestione del ciclo idrico integrato situati in prossimità del lago stesso.
Effettivamente me lo ricordavo come un luogo ameno, tanto bello quanto poco frequentato e così mi è sembrato sia rimasto benché quel giorno ci fossero numerosi turisti che, provenienti dalla cittadella di Chiusi, si aspettavano di trovare un momento di relax dopo le visite culturali ai musei, alle tombe e alle rovine.
Purtroppo per loro così non è stato, in prossimità di questo meraviglioso specchio d'acqua ci sono ben poche aree attrezzate e, a parte un paio di bar ristoranti situati a cinquecento metri l'uno dall'altro, nulla sembra voler attrarre a se famiglie con bambini, turisti di passaggio e amanti degli sport acquatici e della natura.
Una caratteristica che ho notato di questo lago è che seppur in quel momento ci fosse un bel venticello le sue acque erano rimaste tranquille, protette dalle dolci colline toscane situate a ridosso e forse anche per le sue dimensioni contenute. Insomma l'ideale per praticare sport quali la canoa, la vela, il kayak e il nuoto.
Siamo a conoscenza del fatto che esiste un circolo canottieri ma da questo a farne un'attrazione turistica ce ne corre tanto che in acqua in quel momento non c'era assolutamente nessuno.
Io credo che in un contesto naturale d'eccezione come il lago di Chiusi, in prossimità di un importante centro archeologico quale è la cittadella etrusca e tutti i suoi dintorni, la sua promozione sia un qualcosa che debba avere una priorità a livello nazionale i termini di valorizzazione e sviluppo economico.
Smettiamola di dare i soldi ai petrolieri e ai gruppi imprenditoriali, grandi e piccoli, soldi che sono utili a gestire solamente l'arroganza di prepotenti senza scrupoli che si arricchiscono sempre di più, al contrario sviluppiamo al meglio il nostro territorio dando fiducia ai giovani e a chi voglia intraprendere iniziative in questo senso.
Questa barca affondata è il simbolo dell'abbandono di questo nostro meraviglioso paese in mano a maniche di ciarlatani, una dietro l'altra, troppo pagati per poter svolgere un lavoro onestamente. Ci è rimasta solo la bellezza di questi luoghi; quel "masaniello" di turno continua a dire che la bellezza salverà il mondo ma non certamente lui; ed ecco come una meravigliosa frase di Fedor Dostoevskij può diventare tanto stucchevole quanto antipatica.