Immagine tratta dal sito "una vela per l'infanzia" |
E' solo di qualche giorno fa la notizia pubblicata su yacht.de che l'ISAF, la Federazione Mondiale della Vela, avrà un nuovo nome, World Sailing, e un nuovo motto, Uno Sport per la Vita.
Se questo cambiamento comprenderà davvero i quattro obiettivi principali che avrà l'associazione non lo so, ovvero "maggiore trasparenza, una migliore comunicazione, una leadership più forte e una maggiore responsabilità", ma quello che mi auguro io è una maggiore attenzione nei confronti dei più piccoli e, in senso stretto, anche alla vela cosiddetta "democratica".
Già in un mio precedente post, "la vela è la nostra libertà", avevo indicato quanto questo sport sia inclusivo tanto che effettivamente il nuovo motto ne riassume tutte le prerogative.
Nei giorni scorsi ho ritrovato un vecchio scritto che non avevo mai pubblicato e che credo, in questa occasione, possa essere utile a far riflettere e ad indirizzare verso un reale cambiamento:
Non so esattamente quando si sia cominciato a “democratizzare” la vela, forse ufficialmente fin dai tempi di Rob Roy e di Baden Powell con le loro canoe modificate, poi successivamente sviluppate con i Glenans, gli architetti navali francesi, quei “gusci di noce” cabinati e carrellabili, per passare attraverso il “socialismo reale” con le pieghevoli e i catamarani gonfiabili, uniche imbarcazioni che potevano essere possedute privatamente dai cittadini sovietici, fino ai giorni nostri con una completa e variegata offerta di piccoli grandi velieri facilmente trasportabili con carrelli, borse o portapacchi.
Tutto ciò è accaduto per la vela perché per quanto riguarda la nautica a motore pochi sono i dubbi nell'asserire che questa si è democratizzata definitivamente e stabilmente con la diffusione del gommone, fin dagli anni cinquanta qualsiasi famiglia in ogni parte del mondo ha avuto la possibilità di praticare una nautica a basso costo gonfiando e sgonfiando il proprio canotto all'occorrenza e con questo godere degli stessi identici privilegi dei ricchi, una bellissima baia vista a cinquecento metri dalla riva era la stessa sia per la famigliola che possedeva un piccolo gommone che per il ricco proprietario di un grande yacht.
Quante volte con i miei, da bambino, mi sono sentito immensamente felice nel godere lo spettacolo della natura e del mare seduto su dei tubolari gonfiabili, per nulla intimorito e sottomesso da chi aveva una barca più grande della nostra poiché l'avevamo sempre considerata come una “scelta” e non uno “status symbol”, opzione quest'ultima peraltro faticosa in quanto sapevamo bene come fosse impegnativa la vita a bordo, in quel mare solcato per secoli dai nostri antenati.
Tutto il resto e quanto ci hanno inculcato negli ultimi devastanti decenni di consumismo sconsiderato sono altre faccende che non rientrano nella sfera della navigazione e del suo approccio con l'acqua e la natura ma nella sfera dell'uomo e della sua psicologia, argomento che in questa sede non ci interessa, né siamo all'altezza di trattare.
In questo piccolo blog che gestisco non c'è nulla di originale, vengono semplicemente riproposte soluzioni ed esperienze vissute da altri, spesso a titolo di esempio, affinché la pratica della vela possa essere avvicinata da un maggior numero possibile di persone e famiglie, a basso costo, con pochi soldi e con un impatto sull'ambiente ridotto al minimo.
Personalmente credo che nella vita non sia importante pensare a cosa “possedere” ma è assolutamente necessario sapere cosa fare, che sia negli impegni di tutti i giorni che nel tempo libero.
Purtroppo quest'ultima è una considerazione tanto ovvia quanto inascoltata.
L''assenza del verbo essere non è casuale poiché “La Vela Democratica” va considerata in “stricto sensu”, cioè una tipologia di vela, quella libera; in termini più generali la vela al giorno d'oggi non è di per sé stessa democratica poiché soggetta alle restrizioni imposte dai marina e dai circoli velici che la rendono dipendente dal tempo, dalla partecipazione, dal denaro e/ o dalla proprietà, quindi non più libera.
Se si può azzardare un paragone è la stessa differenza che corre tra il volo che si pratica negli aeroclub e negli aeroporti, assolutamente dipendente dalle dimensioni del proprio conto in banca, e il “volo libero” e leggero, praticato con deltaplani, paracaduti e ultraleggeri, però nei prati anziché nelle spiagge.
Nel nuovo logo della World Sailing la barca a vela assume, certo casualmente, l'immagine di una "D", che la vela diventi finalmente "democratica"?
Il nuovo logo dell'Federazione Mondiale della Vela |