lunedì 28 febbraio 2011

Il lusso è uno chic e caldo Cardigan




Mi piacciono proprio queste barche inglesi dalla bella linea e costruite in legno ma il Cardigan Bay Lugger mi attira in particolar modo per la sua gran classe. In più, è anche una barca leggera, facile da gestire direttamente dal carrrello per il suo peso, è giusta per due e per brevi navigazioni costiere, come quelle che facciamo noi. Queste sono le sue caratteristiche tecniche principali:
Lunghezza: 5.7 m
Larghezza: 1.9 m
Peso: 250 kg
Mi piace molto anche il suo armo con due alberi, insomma veramente bella ed interessante. L'unico video che ho trovato di questa barca riguarda il suo carico dentro un container, bé, accontentiamoci di osservare la sua bella linea.


sabato 26 febbraio 2011

Antila 22, bella e possibile


Molto bello, e neanche troppo costoso, questo piccolo - grande yacht costruito in Polonia. Fino ad oggi lo avevo escluso perché nei dati del fabbricante è stata inserita una larghezza superiore ai 2.55 m, particolare che invece è stato corretto dal distributore Antila Yachts France e quindi l'Antila 22 dovrebbe essere un vero è proprio veliero carrellabile. Le sue caratteristiche tecniche principali, incluso il prezzo, le potrete leggere direttamente nella brochure. Questo è il sito del produttore: Antila Yachts.

Da Antila Yacht France


venerdì 25 febbraio 2011



mercoledì 23 febbraio 2011

Freelander 2 .... non a caso con una barca a rimorchio

 
Dalla pubblicità Freelander
Certo la Land Rover Freelander 2 è abbastanza costosa ma senz'altro indispensabile per chi vuol trainare barche di discrete dimensioni. La sua capacità di traino è di 2000 kg ed il suo peso a vuoto è all'incirca di 1800 kg. Per un treno con queste caratteristiche, ovviamente, ci vuole la patente BE ma la Freelander 2 è un auto molto bella e potente, ottima per un vero e proprio yacht a vela da 24 piedi, per esempio, o per una barca il cui peso si aggira intorno ai 1500 kg.
Il video completo della pubblicità, molto simpatico per marinai da carrello come noi.


martedì 22 febbraio 2011


sabato 19 febbraio 2011

Phobos 21 – eine neue Segelyacht

Dal sito Dalpol jacht
Sono i costruttori del Deltania 20.5 tanto che lo potrete ritrovare nel sito DALPOL con il nome Jumper 19. Ma quello che è più interessante è l'imminente uscita di questo vero e proprio grande yacht di piccole dimensioni, il Phobos 21. Veramente bello, la linea è quella del fratello maggiore il Phobos 25 e qui si vede in costruzione: Phobos 21 in costruzione.
Queste sono le sue caratteristiche tecniche principali:
Lunghezza: 6.63 m
Larghezza: 2.51 m
Pescaggio: 0.28 - 1.23 m
Peso: 1150 kg
Peso chiglia: 250 kg
Sup. velica: 19 mq

Il layout del Phobos 21
Il fratello maggiore, il Phobos 25, con la stessa identica linea:

Il Phobos 25, dal sito DALPOL
Dalpol Yacht in un video:






venerdì 18 febbraio 2011

Folgorati sulla rotta del dinghy

A Punta San Giuliano è dinghy boom
Torno su questo argomento dopo il post precedente "Il ritorno del dinghy classico" perché ho letto molto su questa barca nel sito di PuntaSanGiuliano. Pleonasticamente si chiedono "perché tanto successo?" e poi ti mettono in rete di queste foto:

Dal sito di Puntasangiuliano
Sono semplicemente meravigliosi, da Mondo Dinghy - FareVela. E godiamoci anche questi bei video del Trofeo Nazionale del Dinghy Classico a Varazze. Poi ditemi se conviene svenarsi per tenere un camper galleggiante in un porto a 6500€ annue o un bel dinghy al massimo a qualche centinaia di euro.




giovedì 17 febbraio 2011

Classica o pratica?

TES 678BT, dal sito Notheaster

Questo racconto l'ho tratto da Small Craft Advisor, sito molto bello ed interessante che vi consiglio di "frequentare". Ho cercato di tradurlo ed interpretarlo al meglio perché lo ritengo importante e significativo, anche se riconosco i miei limiti. Vi invito alla lettura e ad una profonda riflessione!

Se quindici anni fa, quando diventai armatore di un magnifico Pacific Seacraft Flicka, qualcuno mi avesse detto che avrei potuto acquistare una "roulotte galleggiante", come il mio nuovo TES 678 BT, mi sarei messo a ridere. Ancora più probabilmente mi avrebbero dato del pazzo a pensare di comprare una barca senza doppio strallo, senza doppio paterazzo, solo sottili sartie , un vulnerabile albero ed infine la cosa peggiore una sottilissima deriva nella parte inferiore dello scafo e non nella chiglia. A quei tempi avrei pensato che una barca siffatta non era certamente idonea per la navigazione in mare aperto! 

Eppure alla fine l’ho acquistata, ma allora che cosa è cambiato nel mio modo di pensare? Perché ho cambiato completamente direzione e ho scelto due barche così diverse? Eccovi la mia storia: 

Abbiamo navigato nel Mediterraneo su di un Seaworthy di 36 piedi e subito io e mia moglie ci siamo innamorati della vela e della vita a bordo, degli ormeggi nei porti o romanticamente alla fonda in meravigliose baie. Ma da queste prime esperienze comprendemmo che la partecipazione condivisa non era fatta per noi e decidemmo che una barca tutta nostra era la soluzione migliore. 

Dopo aver stupidamente ascoltato il consiglio di un amico esperto che asseriva "grande è meglio" la nostra prima barca fu un vecchio motorsailer di 12 tonnellate che fu anche la causa dei miei primi capelli grigi! Dopo aver letto Adlard Coles Heavy Weather Sailing finalmente arrivai alle seguenti conclusioni: 
  1. La mia barca doveva essere situata nelle vicinanze, meglio se di fronte a casa, anche se abitavamo nel bel mezzo della Germania e lontano da acque navigabili. Non mi piaceva l'idea di averla a dieci ore di viaggio nel Mediterraneo, e poter andarci solo durante le ferie. Così cominciammo a concentrarsi sulle imbarcazioni carrellabili. 
  2. Ciò che ha reso le cose piuttosto difficili è che la parte romantica che risiedeva in me desiderava una barca molto “marina” e che desse fiducia ai timori di mia moglie durante le navigazioni in mare aperto. Anche se non ne avevamo mai parlato il mio sogno nel cassetto era quello di avere una barca che potesse fare lunghe navigazioni e forse anche una traversata atlantica. 
Nella mia ricerca per trovare la barca perfetta, in una rivista tedesca, mi imbattei nel disegno e nella breve descrizione del "Flicka", insieme con l'indirizzo del costruttore. Mi convinsi subito che quella era la barca per noi. Senza neanche una visita al cantiere o un giro di prova feci l’ordine alla Pacific Seacraft e solo cinque mesi più tardi Daimonion era già ormeggiata nel porto di Genova, in Italia. Il mio sogno era diventato realtà e quando mi apparve tutta lucida, bianca e luminosa, fuori dal suo contenitore, nel sole caldo della primavera in Italia, mi resi conto che quella barca era tutto quello che avevo sognato e che non potevo tenerla in Germania (in Italia non c’è la cultura della barca piccola, ma questa è un'altra storia).

Era forte, perfettamente costruita e perfettamente allestita per la sicurezza, con armo a cutter, un motore affidabile e comfort sufficiente per soddisfare mia moglie: cabine separate, altezza uomo in dinette, ampie cuccette e, grazie al suo solido design, la sensazione di essere protetti dagli elementi. Ho passato ore a raccontare a mia moglie, che era sempre interessata, quando l'ultimo scorcio di costa scompariva oltre l'orizzonte, i vantaggi e della sicurezza di questo cutter classico dalla chiglia lunga e rassicurante. 

Pensavo che il mio sogno senza compromessi si era realizzato ed il suo peso, anche se al limite, mi avrebbe permesso di trasportala in tutta Europa. Da quel momento in poi avrei potuto salpare da qualsiasi costa raggiungibile in auto! La barca attrezzata pesava circa 3 tonnellate, senza i nostri effetti personali a bordo. Con un rimorchio leggero costruito in lega ed una grossa auto a 4 ruote motrici sarei potuto rimanere entro il limite massimo di 3,5 tonnellate. Ma la cosa importante era che avevamo una barca capace di trasportarci attraverso gli oceani da qualsiasi punto ed in qualsiasi momento avessimo voluto partire. 

Tutte queste virtù della Flicka erano vere, ma la realtà dei successivi sette anni con "il mio perfetto cruiser tascabile " non soddisfò del tutto i nostri sogni. 

Per cominciare, non abbiamo mai attraversato gli oceani. Abbiamo navigato fino alla Spagna e poi Ibiza e Maiorca, e goduto l'avventura della vela giorno e notte in barca. Ma le distanze che abbiamo percorso e le condizioni marine non rendevano assolutamente necessaria una barca forte e costosa come la Flicka. 

Carrellabilità? Sì, nel corso degli anni abbiamo esplorato le meravigliose coste del Mediterraneo dell’Italia, della Spagna e perfino le acque atlantiche della Francia e del Portogallo. Ma il Flicka non è realmente un "trailersailer". Lei è solo "trasportabile". Per gestire 3,5 tonnellate ho dovuto comprare una seconda auto potente, mi piaceva la Mercedes Classe G, ma non è questo il punto. Avevamo sempre bisogno di una gru e di un aiuto anche per issare l'albero, per non parlare del varo e dell’alaggio. Inoltre la sistemazione delle vele in un cutter è un lavoro piuttosto impegnativo. Tutte queste considerazioni alla fine ci hanno portato ad abbandonare uno dei nostri ideali e lasciare la barca fissa in un porto in Spagna. 

C’è da aggiungere che questa "trasportabilità" mi è costata veramente tanto, con quello che ho pagato la seconda auto avrei potuto far tranquillamente spostare la barca da trasportatori di professione, e alla fine avrei speso molto meno. Con il senno di poi mi rendo conto che non c'è mai stato davvero un motivo logico per acquistare una barca pesante e difficile da spostare. 

Ma, guardando indietro e la realtà dei fatti, il problema più rilevante era un altro: le linee d’acqua della Flicka non sono molto adatte a chi soffre di mal di mare, la carena lunga e stretta non si addice molto ad uno stomaco debole! Nessuna piccola barca è veramente stabile alle andature portanti, ma: 
  1. la forma allungata della chiglia ci costringeva ad un rollio continuo quando navigavamo in poppa e credo molto più di quello che sarebbe successo con uno scafo piatto. Le condizioni di vento ideali per una piccola barca da crociera erano diventate un incubo per mia moglie;
  2. la ridotta superficie velica del Flicka in relazione al suo peso, garantiva una grande sicurezza in caso di maltempo o di una tempesta. Ma abbiamo scoperto che potevamo evitare tali condizioni quasi sempre perché la nostra navigazione era soprattutto costiera e non eravamo mai lontani da un riparo. Con assenza di vento, sotto il sol leone, era un tormento rimanere completamente fermi a causa della incapacità della barca di muoversi che comunque oscillava a causa del movimento dell’albero. Tutto ciò causava una gran sofferenza a mia moglie e provammo queste sensazioni quasi sempre, anche in condizioni di vento un po’ più forti. Questa situazione ci imponeva la navigazione a motore ed invidiavamo le barche più leggere di noi che navigavano con uno sbandamento stabile e continuo, senza rollii o beccheggi. 
Le virtù e le capacità del Flicka, nonostante i miei sogni romantici, avevano ben poco a che fare con il modo in cui effettivamente utilizzavamo la barca. E queste virtù avevano un costo tale da poterlo confrontare con barche ben più comode ed importanti, mentre le condizioni di mare e di vento che abbiamo trovato nel Mediterraneo il 90% delle volte potevano essere tranquillamente affrontate da una barca meno impegnativa dal punto di vista economico e gestionale.

Alla fine mia moglie, dopo aver sopportato sette anni di mal di mare in acque più o meno aperte in una barca classica tutto sommato piccola, si decise a non seguirmi più e non potei darle torto. Io stesso non avrei sopportato così a lungo il mal di mare se ne avessi sofferto. Però non volevo rinunciare a vela, così ho voluto provare a navigare con una barca molto più piccola, un gaff cutter di 18 piedi, sempre a chiglia lunga, disegnato da Laurent Giles che chiamai Durin. Era piccola, ma perfettamente attrezzata con un diesel entrobordo, un WC marino e perfino una pesante stufa danese per navigare in climi più freddi. Con questa barca ho fatto un viaggio fantastico di esplorazione in solitario del fiordo di Hardanger in Norvegia per tre settimane. E 'stata una bellissima esperienza che mi ha regalato sensazioni che non dimenticherò mai. 

Purtroppo però, a differenza di molti miei amici, non riesco a trascorrere una vacanza da solo, quella esperienza mi ha fatto rendere conto che mi mancavano le cose più importanti, il calore delle serate romantiche nel Mediterraneo godendo di una buona bottiglia di vino ma soprattutto la presenza del partner per condividere la gioia e il divertimento. Ho sempre desiderato di possedere una barca a vela che potesse essere condotta in solitario, ben altra cosa è viverci da solo per tutto il tempo. 

Tristemente mi resi conto che Durin, utilizzato come un trailer sailer per un solitario, era diventato improvvisamente "pesante". Varare le sue 1,2 tonnellate fu piuttosto impegnativo ed ebbi bisogno di una mezza dozzina di generosi collaboratori, abitanti di un piccolo porto della Norvegia. Anche stavolta, in un cutter classico, l’alberatura e la sistemazione delle vele era un lavoro piuttosto impegnativo che richiedevano tempo e sforzi. Conclusi che l’utilizzo per un solo week end era improponibile e quindi, con amarezza, mi resi conto che anche Durin non era la barca giusta per noi. 

E poi un giorno scoccò la "scintilla" che ha completamente sconvolto le mie idee in merito a quale potesse essere la "barca ideale". Alla fine di un lungo viaggio in bicicletta attraverso la Francia, la Spagna e il Portogallo mia moglie disse enfaticamente che rimpiangeva ciò che aveva amato così tanto della vela, ogni giorno un piccolo porto diverso o una romantica baia o un'altra bella serata a bordo. "Se proprio non ci fosse stato quel maledetto mal di mare ....." 

Afferrai subito questa opportunità, mi consentiva di fare un altro tentativo! Ma questa volta con un tipo di barca completamente diversa, una barca studiata principalmente per le "acque protette". Un mese dopo effettuai l'ordine per un TES 678 BT. 

Questo ultimo tentativo, come spesso accade, fu un successo sorprendente. Nelle acque protette, tra le centinaia di isole delle Kornati in Croazia, la barca rispose ottimamente e ci permise di divertirsi e navigare anche con venti leggeri. Usammo il motore solo per poche ore e quasi sempre per uscire ed entrare nei porti, contrariamente a quanto avevamo dovuto fare con il Flicka anche durante lunghe navigazioni. Nelle acque aperte la barca no rollava e procedevamo tranquillamente e costantemente sbandati. 

Considerando la misura della superficie velica ed il peso della deriva, in assoluto, il TES risulterebbe sottodimensionato rispetto a sue rivali come i Beneteau, i Sunbeam o i Jeanneau. In più il TES ha un bordo libero molto elevato, una carena voluminosa, è per questo motivo che l’ho chiamata “Daisy”, ed una zavorra concentrata soprattutto nello scafo con l’aggiunta di una deriva mobile relativamente leggera. Queste caratteristiche spostano il centro di gravità della barca molto più in alto, ma per me, proveniente da una barca come il Flicka, ha significato una maggiore velocità e una grande maneggevolezza che ci hanno permesso di fare cose una volta impensabili, come improvvise virate o la navigazione a vela anche nei canali. 

Ma il vantaggio più importante è stato che, anche con vento molto leggero, la randa steccata non perdeva la sua forma, senza essere “sconvolta” da un albero oscillante. La barca era “marina” perché era stabile grazie alla combinazione di baricentro alto e di una superficie velica più piccola. Che ci crediate o no, mia moglie non patito un'ora di mal di mare. Dal momento dell’acquisto del TES la vela ha di nuovo avuto un futuro per noi! 

Per riassumere ho scelto tra uno yacht d’altura ma in solitario e un insignificante ma divertente e pratico yacht destinato ad acque protette. Il risultato di questa scelta ha prodotto i seguenti vantaggi: 
  1. pesando circa la metà del Flicka il TES è veramente “carrellabile” con una automobile che non sia un costosissimo 4x4; 
  2. il TES è appoggiato completamente sul carrello a causa della deriva mobile ed il centro di gravità più basso permette un trasporto molto più facile; 
  3. il sistema di incernieramento dell’albero consente un’alberatura rapida ed efficiente senza l’utilizzo della gru; 
  4. lo spazio in cabina è molto più ampio e quindi navigare diventa anche molto più piacevole anche in caso di mal tempo. 
Che cosa ho perso? Non molto, sicuramente gli sguardi ammirati di coloro che guardavano le meravigliose linee d’acqua di Flicka e quanto tutto ciò mi rendesse orgoglioso. L’altra limitazione è l’impossibilità di navigare in mare aperto ma, in fondo, nei sette anni in cui ho avuto Flicka è successo piuttosto raramente.

Eppure lo ammetto, mi manca ancora qualcosa.. Oltre una "family-boat", mi piacerebbe avere una barca molto piccola solo per me, non per attraversare gli oceani, ma per navigare nel Mar Baltico o lungo le coste della Norvegia in climi che mia moglie non può condividere. Ho visionato ieri i piani di studio del Tideway 14’ e del Grey Swan della Selway Fischer, chissà ….


martedì 15 febbraio 2011

Atao 2, predestinato alla crociera costiera

Dal sito Escapade Marine
Decisamente interessante questo piccolo veliero disegnato da Faroux e prodotto dalla Escapade Marine. Si caratterizza fortemente per la sua facilità di gestione come potrete vedere nei video successivi riguardanti l'alaggio e l'aberatura, e sappiamo bene quanto queste operazioni siano essenziali per un buon "trailer sailing".
La rivista Voiles et Voiliers ne fa una completa e convincente recensione: Atao2 - Mini croiseur aux idée larges.
Queste sono le sue caratteristiche principali:
Larghezza: 5.60 m
Lunghezza: 2.50 m
Pescaggio: 0.20 - 1.10 m
Peso: 750 kg
Peso chiglia: 250 kg
Sup. velica: 17.90 m

La facile alberatura:


Il varo:




lunedì 14 febbraio 2011

Il problema dei posti barca: l'innovazione di Cap d'Agde

Guarda il VIDEO su Voiles et Voiliers
Ecco come si risolvono i problemi nei paesi civili: porto a secco, pontili mobili, assistenza nello smaltimento di barche vetuste, insomma tutto ciò che si dovrebbe fare per accontentare tutti. Vedremo quando si decideranno a fare qualcosa del genere nel nostro paese di "geni" e poi cosa? Santi, marinai e poeti, bella roba si.


domenica 13 febbraio 2011

Nancy's China, per autocostruttori ma non solo

Dal sito Devlin Designing Boat Builders
Veramente carina questa piccola barca in compensato marino proposta in progetto da Devlin Designing. Casualmente ho trovato le sue foto anche nella Fotogallery di B.C.A. Demco Kit , quindi è possibile che possa essere proposta in Italia dalla stessa B.C.A. Demco. E' una barca per autocostruttori ma normalmente chi fornisce il kit può farla anche costruire da mani esperte.
Queste sono le sue caratteristiche tecniche principali:
Lunghezza: 4.64 m
Larghezza: 1.88 m
Pescaggio: 0.43 - 1.88 m
Peso: 386 kg
Peso chiglia: 136 kg
Avrete capito già perché mi piace, oltre alla simpaticissima linea, appartiene alla categoria di quelle che entrano in garage e possono essere trasportate con una FIAT500, pur avendo una piccola cabina per due.

Dal sito Devlin Designing Boat Builders

venerdì 11 febbraio 2011

Limit TCI, del cantiere Nautico Cadei

Una stupenda foto del Limit di Daniele durante il Campionato Invernale del Golfo (Gaeta)
Come di consueto non scriverò molto e d'altro canto non farei altro che ripetere l'ammirazione già espressa egregiamente dall'amico Alfredo su Veliero e Carrello in merito a questo bel cabinato carrellabile del Cantiere Nautico Cadei di Monfalcone. 
Queste sono le sue caratteristiche tecniche principali:
Lunghezza: 4.98 m
Larghezza: 2.20 m
Peso: 350 kg 
Pescaggio: 0.25 - 1.15 m
Sup. Velica: fino a 14 mq
Ci ha scritto un appassionato che ha ristrutturato Briciola, ma anche tanti estimatori di questo  simpaticissimo barchino a vela, Cadei - Limit
Una bella foto di Briciola:


E c'è anche un bel video:

mercoledì 9 febbraio 2011

Nederlandse droom

Da Pays-Bas Cycle Chic
E' il mio sogno olandese, un bel viaggio con bici e barca a rimorchio. Questa volta nello stile di Pays-Bas Cycle Chic, ovvero nello Street Style e lo Slow Cycling, in pratica 100% Lycra-free. Penso che quando mi comprerò una bicicletta nuova sarà esattamente così, una bicicletta olandese originale con freni a bacchetta e di colore nero. In fondo è alla stessa maniera in cui faccio la vela con lo "slow sailing", vestito come se andassi in ufficio. 

Da Pays-Bas Cycle Chic
E come la mettiamo con il cargo? Ho pensato a Excellent Trailer della Surly Bikes, è robusto e resistente ma soprattutto molto capiente. Può portare un carico fino a 136 kg anche se sappiamo che qui in Italia abbiamo il limite a 50 kg. Pesa intorno ai 15 kg e le dimensioni della sua piattaforma consentono il trasporto di sailyak o catamarani gonfiabili anche di grandi dimensioni. 
Con questo cargo il Minicat 310, catamarano per due persone è l'ideale, ma solo per i limiti imposti in Italia, altrimenti si potrebbe trasportare il Minicat 420 con il quale ci si può navigare in 4.



Il Sailyak invece potrebbe essere l'Hobie Mirage i14T dotato di sailkit.

Dal sito Hobie Cat

Anche gli olandesi amano molto il mio amato Lago Trasimeno che abbiamo già visto su Benvenuti sul Lago Trasimeno, ma questa volta propongo il periplo del Lago di Garda.


Visualizza Nederlandse droom in una mappa di dimensioni maggiori

lunedì 7 febbraio 2011

Salire in testa d'albero

Dal sito Gottifredi Maffioli
Ho sempre pensato che questa operazione dovesse essere condotta solo da personale esperto dotato di adeguata attrezzatura. Gottifredi Maffioli ha studiato una linea di prodotti per lavorare in tutta sicurezza in testa d'albero chiamata MastSafeWare. Difficilmente i nostri alberi con cerniera e facilmente abbattibili ci metteranno nelle condizioni di dover salire in testa d'albero, ma se così non fosse vale assolutamente la pena attrezzarsi e fare un piccolo corso formativo.
Benedetta cerniera, da quando c'è lei niente più banzigo, né gru.

domenica 6 febbraio 2011

Sailart 17, ben costruito e ben equipaggiato

Dal sito Becker Wassersport, un Sailart 17 stupendamente attrezzato per camping nautico.
Nauticaltrek fa un bella recensione di questo piccolo veliero carrellabile esposto al Boot 2011 di Berlino. Piace molto anche a me, bello da vedersi, linea classica e semplice, curato, equipaggiato, economico, facilmente carrellabile, insomma un vero gioiellino: Avis sur SailArt 17. Non scrivo altro, non serve!
Bella rivista Nauticaltrek. Nella foto sopra un Sailart 17 con un bello spray hood.

Dal sito Sailart


sabato 5 febbraio 2011

Cronaca di una scuffia

Triste immagine trovata in rete che nessun velista vorrebbe mai vedere
Premessa 
La storia che vi sto per raccontare tratta di una scuffia avvenuta su di un piccolo cabinato a vela in un paese lontano. Non riporto volutamente i riferimenti all’articolo perché la mia traduzione ed interpretazione potrebbe aver travisato i fatti. Tengo a precisare, come premessa, che l’incidente è stato causato da errore umano e  dall'inesperienza, così come dichiarato dagli stessi autori, ed è anche per questo motivo che mi sembra inopportuno citare i dati relativi alle persone, alla barca, e ai luoghi.

La cronaca
La consapevolezza che l’incidente è stato causato di un errore umano ha fatto si che non rivendessimo subito la nostra nuova barca e ci siamo decisi a pubblicare questo articolo perché sia da monito ed insegnamento ad altri che, fiduciosi come noi, si apprestano a praticare la passione della vela. Questo straziante incidente è stata un’esperienza terribile e ci ha provocato incubi e sofferenze per settimane a causa del timore di cosa sarebbe potuto succedere.

Penso che sia abbastanza comune il fatto che molti proprietari di un piccolo cabinato siano alle prime armi, cabinato che, per l’appunto, ci era stato regalato da mia madre. Avevamo sempre desiderato una barca tutta nostra ma eravamo assolutamente alle prime armi. Per questo motivo prendemmo un istruttore per insegnarci i primi rudimenti della vela, su come alare e varare la barca e su come condurla. Fu un’esperienza molto utile, presi molti appunti, imparammo molte cose e predisponemmo delle check list sulle cose da fare. Quel primo giorno di navigazione non ci fu molto vento, ma era caldo e la nostra prima esperienza di vela fu molto soddisfacente.

Pensammo subito che il week-end successivo avremmo potuto condividere la nostra gioia con i nostri due figli e il nostro piccolo nipote, ed è quello che facemmo. Scegliemmo un lago abbastanza vicino che era famoso per la possibilità di veleggiare sempre anche se, a causa delle montagne scoscese sull’acqua poteva diventare impegnativo a causa di raffiche improvvise, ma lo scenario era mozzafiato e confidavamo nell’entusiasmo dell’equipaggio.

La mattinata la passammo tra bagni e smotorate a causa del vento scarso ed incostante finché non raggiungemmo una piccola e splendida spiaggetta. Fummo compiaciuti e rimanemmo estasiati dal fatto che, potendo tirare su la deriva mobile, avevamo potuto raggiungere la riva senza difficoltà così mangiammo, giocammo, raccogliemmo sassi e ci divertimmo passando una pacifica, pigra, idilliaca giornata di mezza estate.

Verso le due e mezza la termica cominciò a farsi sentire e ci accorgemmo che il vento si stava alzando, finalmente era arrivato il tempo di andare con le vele. Raccogliemmo velocemente le nostre cose e salimmo in barca, che era già posizionata con la prua al vento. Mio marito andò a prua, mia figlia salì sul ponte per tirare su la randa, io ed il mio nipotino rimanemmo nel pozzetto tenendo ben saldo il timone. L’altro mio figlio, visto che era una giornata particolarmente calda, decise di farsi trascinare da una cima rimanendo in acqua indossando un salvagente. Ci eravamo accordati che quando si sarebbe stancato ci avrebbe fatto un segno e saremmo tornati indietro a riprenderlo, fiduciosi che il nostro nuovissimo motore da 5Cv ci avrebbe assistito nell’operazione.

In quei momenti concitati però ci dimenticammo di tirare giù la deriva. Mia figlia aveva già fissato la drizza della randa dopo averla tirata su e mio marito si apprestava a sistemare il fiocco. In una manciata di secondi la vela prese vento e la barca cominciò a sbandare, "Wow, questo si che è navigare!". Ma dopo pochissimi secondi mi resi conto che la barca stava inclinandosi troppo senza dare segni di volersi fermare. Non vidi cadere in acqua mio marito a causa della sua posizione a prua ma ricordo come mia figlia cadde in acqua aggrappata all’albero. Non dimenticherò mai il suo sguardo sgomento, tra sorpresa e orrore. Afferrai prontamente il braccio del mio nipotino che aveva il salvagente e ci sentimmo trascinati in acqua assieme alla barca che decisi di abbandonare subito per evitare di rimanere sotto poiché si stava rovesciando completamente.

Mia figlia dopo la caduta era riemersa urlando, mio figlio ci stava raggiungendo freneticamente a nuoto e dopo aver passato un attimo di puro panico al pensiero di non vedere immediatamente il mio nipotino constatammo che stavamo tutti bene, nessuno si era ferito e nonostante lo shock e la paura ci consolammo del fatto che eravamo tutti salvi, anche se terrorizzati. La barca galleggiava, perfettamente rovesciata sui settanta metri di profondità del lago. Mio marito era rimasto senza occhiali ed essendo molto miope gli facemmo segno di raggiungerci.

Ripresoci dal primo shock cominciammo subito a chiedere soccorso urlando e muovendo le braccia. Per fortuna il lago era affollato e molti si precipitarono in nostro soccorso. Mia figlia, dopo una scenata isterica di pianto si calmò ed il mio nipotino saltò su di una barca felice di mangiare un biscotto. Io sono rimasta in acqua a raccogliere tutti gli oggetti che galleggiavano.

Nei novanta minuti che la nostra barca trascorse a “testa in giù”, assieme ai soccorritori cominciammo con il liberarla dalle vele allentando per prima cosa le drizze. Poi gli uomini più robusti si appoggiarono allo scafo per tentare di rovesciarla ma anche con l’aiuto della forza di un motoscafo legato ad una cima l’operazione fu abbastanza complessa a causa della deriva che era completamente rientrata. Alla fine con pazienza ed attenzione la gente che ci aiutava riuscii a raddrizzare la barca ed io, visto che il tambucio era rimasto aperto, mi immaginai che gran parte del materiale contenuto in cabina era già depositato sul fondo al lago. Sorprendentemente questo non accadde e, oltre agli occhiali di mio marito, perdemmo solo qualche oggetto di poca utilità. Anche la barca non subì praticamente alcun danno, né allo scafo, né all’albero, né alle vele, solamente la batteria e alcuni apparecchi elettrici andarono perduti, ma roba di poco conto.

Fortunatamente il lago era abbastanza calmo ma ci volle comunque uno sforzo monumentale per trainare la barca fino alla rampa di alaggio poiché la barca era completamente piena d’acqua, al limite dell’affondamento.

Le formalità da espletare nell’ufficio dello sceriffo locale furono estenuanti anche perché dovettero verificare se l’incidente era stato causato da abuso dell’alcool, purtroppo sappiamo che fu solo imperizia. Furono i primi soccorritori che ci hanno veramente salvato fornendoci suggerimenti ed aiuto per raddrizzare la barca, tutto il resto furono solo pure formalità.

Ma il nostro calvario non era finito. Una volta raggiunta la rampa ci investì un violento temporale, immaginatevi se tutto ciò fosse successo mentre eravamo a mollo. L’acqua sommerse ancora di pù la  barca mentre tentavamo di tenerla a galla svuotandola dagli oggetti infradiciati e dall’acqua. Molte persone generose e decine di mani ci aiutarono, comparvero delle pompe ed alla fine, alle nove di sera, la barca era di nuovo sul suo rimorchio. La mattina dopo portammo subito la barca in un cantiere della zona per farla revisionare completamente. I danni furono limitatissimi, il motore, le vele, le sartie, le cime, la cuscineria, fu tutto recuperato. I cuscini li portai subito a casa e provvedemmo a lavarli con bicarbonato di sodio per smacchiarli dagli acidi fuoriusciti dalla batteria, successivamente pulimmo anche la barca con lo stesso prodotto e sostituimmo la moquette. 

Considerato l’accaduto decidemmo subito di prendere altre lezioni di vela fino al raggiungimento della patente nautica. Non ci dimenticheremo mai più di mettere giù la deriva, anche se ho pensato di mettere un cartello vicino al timone con scritto: “non mettere giù la deriva è una cosa stupida!”, e tutte le volte che ci penso mi ritornano alla mente il volto atterrito di mia figlia e il mio piccolo nipote che mi si era aggrappato addosso. Ci siamo resi ampiamente conto di quanto siamo stati incoscienti e di quanto abbiamo sbagliato senza attribuire nessuna colpa alla barca tanto che abbiamo deciso di tenerla e di continuare a navigarci. A volte rimaniamo perplessi quando leggiamo di persone che alzano la deriva per andare più veloci senza pensare che potrebbe accadergli ciò che è successo a noi, basta una manovra sbagliata o un “giro” improvviso della direzione del vento.

Qualche tempo dopo decidemmo di spostare la barca al mare ed ancora oggi continuiamo a fare esperienze di vela anche in barche più grandi. Ora abbiamo un grande rispetto su ciò cosa è la conduzione di una barca e sulla responsabilità di proteggere il suo prezioso carico. Siamo consapevoli che ogni volta che usciamo con la barca a vela impariamo sempre qualcosa di più e che non smetteremo mai di apprendere qualcosa di nuovo. 

Al nostro piccolo nipote non è stato più permesso di andare in barca a vela per diversi anni e non ne posso certamente fare una colpa ai suoi genitori. Stiamo imparando a gestire la nostra piccola barca in tutte le condizioni meteo marine e forse in futuro prenderemo una barca più grande anche se pensiamo sempre che quella che abbiamo è una barca fantastica, robusta e divertente. I dipendenti del cantiere che hanno ricontrollato la nostra barca dopo l’incidente ci hanno detto che ci ammiravano per la forza di volontà che abbiamo avuto nel “rimettersi in sella” dopo la caduta ma noi non abbiamo avuto nessun dubbio: il problema è dipeso dalla nostra superficialità e non dalla qualità dalla barca.

L’incidente potrebbe aver avuto un esito molto peggiore, se non più tragico, se l’acqua fosse stata più fredda o se fossimo stati isolati o se ci fossero state onde. E se il mio piccolo nipote fosse rimasto in cabina chi avrebbe potuto salvarlo? Abbiamo imparato una lezione importante: la fretta di divertirsi e l’eccesso di fiducia in se stessi avrebbero potuto essere fatali. Ora navighiamo sempre dopo aver predisposto una lista di controllo, non rimorchiamo più nessuno che si attacchi ad una cima, non partiamo mai senza aver prima nominato un “comandante” che da gli ordini e che si prenda le proprie responsabilità ed infine indossiamo sempre un giubbotto che garantisca almeno il galleggiamento.

L’esperienza rende forti, diceva sempre mio nonno.

La pubblicazione di questo racconto è imbarazzante e sicuramente qualche velista della vecchia guardia ne rimarrà sconcertato asserendo che a lui non sarebbe mai successo ma io credo che condividere questa esperienza sia utile a tutti coloro che si apprestano ad andare in mare con poca pratica. E’ sempre meglio evitare questo tipo di errori. Mio nipote, ancora dopo molti anni, benché a quei tempi ne avesse avuti solo poco più di due, alla domanda se si ricorda che cosa fosse successo quella volta al lago risponde: “Si, il nonno è caduto dalla barca e io ho fatto il bagno!”. Effettivamente lo ha sicuramente fatto.

venerdì 4 febbraio 2011

Vi presento Leonora

Dal sito di Leonora
Leonora è un bellissimo Hurley Sihlouette MKII che naviga in Portogallo. Nel sito di Leonora potrete trovare tante informazioni su questo veliero carrellabile prodotto in Inghilterra in più versioni. Qui c'è anche la sua FOTOGALLERY
Silhouette è stata progettata agli inizi degli anni cinquanta da Robert Tucker, nel sito della sua associazione potrete trovare la sua storia: S.O.I.A.
Queste sono le sue caratteristiche principali:
Lunghezza: 5.3 m
Largezza: 2 m
Pescaggio: 0.5 m
Peso: 750 kg
Sup. velica: 11 mq
Su Apolloduck ce ne sono in vendita a prezzi veramente interessanti, unico neo dover raggiungere le bianche scogliere di Dover perché credo che difficilmente se ne trovino in Italia.
Questo è il sito di un altro MKII in vendita: Watermint.

Dal sito di Watermint

giovedì 3 febbraio 2011

Trekking velonautico alla Rocca del Volterraio


Visualizza La Rocca del Volterraio in una mappa di dimensioni maggiori

L'aspetto che mi piace di più di questa opportunità è che la possono fare tutti con un investimento iniziale di poche migliaia di euro e poi meno di duecento euro per un fine settimana a disposizione per navigare e visitare luoghi meravigliosi ovunque. La cosa più bella è che questo può essere un modo di fare vacanza e divertirsi veramente ecologico: niente auto, si utilizzano solo mezzi pubblici, la bici e il sailyak. Si dorme in tenda o in un comodo bungalow in campeggio e si vivono natura e sport in piena autonomia e libertà. Quello proposto non è un lunghissimo itinerario, un "tour de force" di navigazioni e/ o pedalate, i tragitti sono relativamente brevi,  un po' impegnativa la salita in MTB sul Volterraio per poi proseguire a piedi per raggiungere la rocca nell'ultimo tratto di sentiero.
Ma partiamo dall'inizio, la bici può essere trasportata nei treni regionali con un modico sovrapprezzo, Questo è il link alle Ferrovie dello Stato: in treno con la bici.


La partenza, ovviamente è il venerdì pomeriggio e se si abita molto lontano può essere conveniente pernottare a Piombino, più vicino possible al porto, sul mare, ad una decina di km, c'è il Camping Pappasole che possiede anche una "base nautica".
In questo sito potrete fare simulazioni per gli orari ed i prezzi dei traghetti nel mese di giugno: Toremar. Tra maggio e giugno l'Elba è nel periodo in cui può dare il meglio di se stessa.
Oltre al Cyclone Cargo per portare il sailyak che abbiamo già visto dettagliatamente nel precedente articolo "Benvenuti sul Lago Trasimeno" potrà essere utile anche una borsa con portapacchi: Borse e accessori per biciclette.
Dal sito Capobianchi
Inutile sottolineare che scalata al Volterraio dovrà avvenire dopo aver lasciato tutto il materiale al campeggio,  al Rosselba Le Palme per esempio che si trova al centro tra la terra e il mare, mentre tutti i percorsi di trasferimento, sia a Piombino che all'Elba, sono in pianura o in leggera pendenza. 
La giornata di sabato si alternerà quindi tra mare, terra e cielo, con il sailyak fino ai sassi bianchi, dietro Portoferraio o a Nisportino attraverso le bellissime baie di Bagnaia e di Nisporto, il pomeriggio su fino al Volterraio, per ammirare un tramonto "imperdibile" in uno dei luoghi più belli e suggestivi dell'isola d'Elba. 


Terra, mare e cielo
La domenica mattina si potrà scegliere la navigazione con il sailyak che non è stata fatta il giorno precedente, poi nel pomeriggio rientro a casa fino a tarda notte. Ne sarà valsa la pena, ve lo assicuro.
Un bel video sulla storia del Volterraio.



Che meraviglia! E poi tutto questo all'Elba, la perla dell'Arcipelago Toscano, e mi raccomando solo week end tra maggio e giugno.


Il Volterraio dalla Bagnaia

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...