Il 3 febbraio 2014 presso la Sala Convegni del Circolo del Golf dell'Argentario si è tenuta una tavola rotonda sulla "grande" nautica da diporto in Maremma.
Gli interventi si sono focalizzati sui numeri in caduta libera del fatturato, da 6.5 miliardi di euro di qualche anno fa ai 2.5 miliardi di oggi addebitandone le responsabilità, almeno così sembra dai comunicati, alla caotica successione di novità normative culminate con la Finanziaria del 2007, che riguardava le concessioni demaniali. Le conclusioni hanno puntualizzato l'esigenza di creare una rete portuale turistica nonché quella di rivedere i titoli professionali con l'ausilio del progetto, presentato da Assonautica,
Quality Marine.
Questo, detto in due parole, è quello che mi sembra di aver capito.
Almeno per una volta condivido, seppur solo parzialmente, l'analisi di Assonautica, credo di aver scritto anni fa su questo blog che senza la pianificazione territoriale su larga scala della portualità turistica non si sarebbe andati da nessuna parte. Purtroppo invece in Italia ognuno ha coltivato il suo orticello e se a un Comune è partita l'idea di fare, o ingrandire, un porto non c'è stato nulla che lo abbia potuto trattenere dallo spendere milioni di euro del contribuente, senza tenere presente che magari a pochi chilometri di distanza c'era una grande area portuale dismessa che poteva essere riconvertita e/ o senza considerare i devastanti impatti ambientali, territoriali, paesaggistici e sociali che queste infrastrutture comportano.
Non stilo elenchi, di esempi ce ne sono di buoni e di meno buoni, oppure quelli che pur presentando gli aspetti positivi della riqualificazione del territorio, vedi il nuovo porto di Marina di Pisa, vengono straziati dalla gestione privatistica dello stesso.
I risultati di questa "babele" sono nei numeri, ma non solo, perché l'approssimazione porta anche ad una scarsa qualità dell'offerta caratterizzata principalmente dai comportamenti discutibili dei gestori. L'esigenza di rivedere i requisiti professionali ha automaticamente scoperchiato anche questa "pentola".
Ho scritto che sono solo parzialmente d'accordo su questa analisi perché parte da presupposti sbagliati.
Il primo è che non si può parlare di "grande" nautica senza parlare anche della media e piccola. E qui si torna al concetto di coltivare il proprio orticello, la pianificazione su larga scala deve essere fatta per qualsiasi tipo di portualità, che sia il grande porto che il piccolissimo "marina" turistico e/ o il porto a secco. I numeri devono comprendere tutti e questo non riveste solo un importante aspetto sociale che deve essere necessariamente tenuto presente ma anche quelli relativi alla sicurezza della navigazione e all'impatto ambientale. Non è concepibile che entro una determinata area territoriale non ci sia accoglienza per ogni tipo di barca, che sia un piccolo natante o un grande yacht di cento metri, oppure che non si tengano presenti i limiti imposti dalla conservazione del paesaggio privilegiando nell'uno, o nell'altro caso, un'area invece che un'altra.
Il secondo presupposto di partenza sbagliato, complementare al primo, è l'innalzamento delle barriere, architettoniche e non. I gestori, normalmente poco qualificati e spesso maleducati, si sono appropriati del territorio innalzando delle barriere con la comunità circostante. Si entra nel marina alzando una sbarra con tanto di usciere e se ne esce abbassandola: NULLA DI PIU' SBAGLIATO, NULLA DI PIU' STUPIDO, NULLA DI PIU' INSENSATO, NULLA DI PIU' ORRIBILE. Ditemi voi se nella storia dell'umanità e della marineria si era mai visto un abominio del genere.
Non vado oltre in queste considerazioni potrei scrivere per ore, ma avendo lavorato nella qualità per vent'anni credo di aver imparato che quando i risultati sono negativi bisogna saperne ricercare le cause in maniera accurata e sistematica per poi predisporre le modifiche al sistema. Una causa di non poco conto da tener presente, per esempio, è che il fatturato non è sempre garantito se non si coltivano più tipologie di clientela.
E' giunta l'ora di capire veramente, per la prima volta in questi ultimi trent'anni, cosa significa "idoneità d'uso" di una struttura portuale.
Nota: Sulla Strett View in testa le sbarre del porto di Cala Galera, queste dovrebbero essere vietate dalla legge.
Via:
ANSA MARE